Il suo progetto è sparire per sempre, senza tracce o residui, nulla in sospeso, ma da tempo gli è chiaro che essere morto non basta. Non che sia morto apposta: la teatralità implicita in qualunque suicidio quand’era ancora in vita lo infastidiva. Certo, al momento buono non si è opposto alla morte con particolare veemenza. E dava per scontato, comunque, di venire dimenticato piuttosto in fretta. Di amici ne aveva pochi, e a pensarci bene si sarebbero dovuti definire conoscenti; quanto ai conoscenti, non lo conoscevano davvero. Parenti: lontani. Era stato sposato, ma troppi anni addietro, e troppo in breve perché la moglie d’un tempo ne possa sentire la mancanza. Ha lavorato, in generale, con un certo scrupolo, ma senza mai ottenere alcun risultato eccezionale, neppure in negativo, niente di memorabile, tutt’altro. Ogni tanto esprimeva, senza darle troppo peso, per così dire di straforo, una specie di visione del mondo al ribasso, riduttiva, disforica, attraverso formule proverbiali distorte, frasi fatte lasciate a metà, aforismi sbuffati e monchi. Per esempio:

Puoi buttare la televisione dalla finestra, ma non la finestra dalla televisione. E allora? Tanto vale…

Salutami tua sorella, ma solo se non ce l’hai: questo è il terreno comune tra le fedi.

Il mattino ha il nulla in bocca, il pomeriggio in pancia – e la sera?…

Anch’io sono stato innamorato, è come starnutire mentre scorreggi, soltanto dopo un po’ ti rendi conto.

Non voleva essere davvero capito, anzi traeva un certo piacere dalla perplessità o dal lieve imbarazzo d’amici e conoscenti di fronte a certe sue affermazioni; insieme alla conferma che non valesse la pena spiegarsi fino in fondo. Per qualche giorno dopo il decesso tutto gli era filato liscio. Nessuna particolare commozione o agitazione. Certo, un funerale c’era stato, ma laico e scarsamente affollato, senza discorsi. Era perfino apparso un necrologio sulla pagina locale d’un importante quotidiano; come d’obbligo, per l’azienda in cui aveva lavorato per ventidue anni. Però nulla dava a far temere un prolungarsi indebito della memoria. S’aggiunga che lui aveva accuratamente evitato, in vita, di iscriversi ad alcuno dei cosiddetti social network. E’ a questo punto che entra in campo, con conseguenze deleterie, Carletto.

Carletto si è fatto sempre chiamare così, col diminutivo, ma senza mai sentirsi diminuito – anzi. Lo si può definire un tipo sicuro di sé, espansivo al limite dell’invadenza; l’opposto di Aurelio, in apparenza. E dato che qualche volta in effetti gli opposti si attraggono, Carletto è stato, tra tutti i suoi conoscenti, quello più vicino a diventargli amico. Gli si era sinceramente affezionato e gli mancava, davvero, quella scorbutica compagnia occasionale. Aveva intravisto in lui una sorta di calore umano, di ritrosia in fondo accogliente e, sulla base di un clamoroso fraintendimento, si doleva che la sua  esistenza fosse così presto dimenticata. Povero Aurelio! Continuava a risuonargli in testa l’ennesima battuta stramba che gli aveva buttato là l’ultima volta che s’erano visti, e non si poteva certo immaginare… Com’era? Precisamente?

Partire è un atto di presunzione, io preferisco andarmene. Ciao, eh, pirla.

Che cos’avrà voluto dire?… Aleggia sulla memoria di queste frasette un che d’indefinito e misterioso, una possibilità di saggezza che turba e spiazza. Incapace di tenersi per sé turbamenti e spiazzamenti, Carletto le condivide coi suoi numerosi amici virtuali, su diverse reti sociali elettroniche. Il successo è immediato. Si moltiplicano le approvazioni, simboleggiate da cuoricini e sorrisi, e le ulteriori condivisioni. Le parole di Aurelio sembrano spiritose o profonde, a seconda di chi la legge, anche se il suo autore, completamente privo di senso dell’umorismo o della profondità, non le intendeva come tali.

“Ragazzi” –  precisa  dopo un po’ Carletto, con grande correttezza – “Grazie x i like, ma la genialata non è mia è di un grande amico che ci ha lasciato [cuore rosso spezzato]”.

E dopo ventiquattro secondi aggiunge: “R.I.P. mitico Aure”.

“KI È AURE?” – commenta d’impulso l’amica a distanza Valez.

“Uno che quando gli chiedevi Chi sei? rispondeva Sono mio fratello gemello, quello che non risponde alle domande del kaiser”

“Forte” – interviene Alibubù ’61.

“Ma mica tanto simpa” – chiosa Il Brillantyna.

“Era simpa a modo molllllllto suo…” – ribatte Carletto, a cui subito viene in mente un aneddoto che possa mettere in buona luce, o comunque in luce, l’amico scomparso e dunque digita in dettaglio e diffonde la storia di quella volta che l’Aure versò di nascosto del lassativo nell’acqua minerale del docente del corso sulla sicurezza obbligatorio per tutti i dipendenti della sua azienda: lui infatti odiava ogni corso sulla sicurezza, soprattutto quello antincendio, ed era contrario alla sicurezza in generale. Spesso si scagliava pure contro la prevenzione sanitaria, che costringerebbe la gente a morire da vecchia e stanca: che senso ha?

Segue dibattito.

Un dibattito forse adolescenziale nei toni e nel lessico, benché l’età media dei partecipanti online sia di 53 anni e mezzo, ma acceso e necessario. Quella gente di mezz’età spesso così distratta da mille impegni pratici si ritrova, dopo tanto tempo o forse per la prima volta, a ragionare sul senso della vita. Tutto per merito di Aurelio. Carletto non vuole che questa esperienza di vera condivisione sia solo una parentesi. Ma per conseguire tale difficile obiettivo ha bisogno del suo amico, come se fosse vivo; di tener viva e attiva la memoria del suo amico. Perciò – forte delle sue competenze informatiche e comunicative – costruisce in pochi giorni e poi mette online, con successo crescente, il sito/portale Imottidellaure.com. Recupera dalla ex-moglie una foto di Aurelio quasi giovane (giovane del tutto pare che non lo sia mai stato) e la usa come sfondo della home page. Integra le sue memorie personali con quelle di altri amici, conoscenti, parenti del morto, raccogliendo e ordinando in breve tempo un numero imprevisto di episodi divertenti e/o significativi, aforismi più o meno ermetici, vere e proprie parabole. Ma la cosa più sorprendente è la clamorosa pertinenza, il collegamento evidente tra ogni singolo evento d’attualità, rimbalzante sui social network, e uno o più motti dell’Aurelio. Politica, Religione, Sport, Tempo Libero (ovvero Libertà dal Tempo), Love & Not Only: questi i titoli delle sezioni in cui Carletto suddivide il portale; e non bastano. Le visite al sito si moltiplicano di giorno in giorno, dalle decine alle centinaia alle migliaia. Esce perfino un trafiletto su un quotidiano a diffusione nazionale, in pagina Cultura. È solo a questo punto che l’unica persona davvero scontenta di tal fervore – Aurelio stesso – decide di reagire.

Per qualcuno che in vita sua non ha mai creduto in nulla, tantomeno nei fantasmi, constatare di essere un fantasma è già di per sé una seccatura. Non si parla qui, beninteso, di un ingenuo fantasma/lenzuolo, fatto d’aria o di spirito, all’antica, démodé; ma di un composito ectoplasma postmoderno, coacervo mutante di milioni di bit misteriosamente dotato di una coscienza unitaria minimale, concentrata su un solo pensiero, o idea fissa: “Voglio sparire”.

Sì, ma come?

Dal suo limbo di notorietà postuma involontaria e immeritata Aurelio prova a infilarsi nell’unico varco di debolezza a lui noto in Carletto – uomo per il resto felice e realizzato, vedovo iperattivo e padre di una quindicenne incredibilmente equilibrata di nome Gaia: le sue terribili emicranie. Per rendere credibile la sua prima intrusione spettrale, Aurelio si manifesta sullo schermo del computer portatile di Carletto all’inizio di un attacco di emicrania,  sovrapponendo alle immagini lì presenti il profilo scontento, disgustato della propria faccia, più volte, a flash, ogni volta per pochi secondi. Spera forse così di spaventare e scoraggiare l’amico con un messaggio semplice e chiaro, che però purtroppo viene completamente frainteso.

“Sto sbagliando tutto…” – mormora lui sdraiato al buio, rivolgendosi alla figlia che lo accudisce nel pomeriggio di dolore al picco.

“Cosa, papà?”

“Ho visto Aurelio.”

“Il tuo amico suonato? Ma non era morto?”

“Il suo fantasma.”

“Non stai bene, papà.”

“Era lui.”

“Era un’allucinazione.”

“Ma identica a lui! E non era contenta.”

“Riposati, dai.”

“Sto sbagliando tutto… Devo fare di più. Di più. Di più.”

“Non ti alzare! Vado a prenderti le pastiglie.”

Seguendo uno di quei percorsi mentali ingannevoli e complicati che causano la rovina di certe persone semplici solo in apparenza, Carletto si è convinto di non aver abbastanza valorizzato la personalità dell’amico morto. Trae un’appagante notorietà dal diffondere il suo pensiero, senza avere finora investito un solo euro nell’impresa. Non c’è da sorprendersi che l’Aure si affacci dall’oltretomba – o dall’inconscio, non importa – inferocito! Decide dunque di potenziare il sito con una sezione video, per cui mette sotto contratto un giovane regista cinematografico attivo nella Capitale e un attore caratterista di media fama, più volte visto in fiction televisive dimenticabili, di nome Furio Peretti. Costui, a giudizio di Carletto, può vantare una certa somiglianza fisica e affinità umoristica con il filosofo che è chiamato a interpretare nelle brevi clip dirette da Papà Gallo (nome d’arte). Si comincia con semplici riprese di Peretti a leggìo che declama ammiccante i più popolari motti d’Aurelio; ma i video successivi, man mano che il team creativo prende confidenza con la materia, si fanno più arditi: ricostruzioni di episodi di vita quotidiana con Aurelio, così come le ricorda o immagina di ricordarle Carletto; inserimenti a collage della figura d’Aurelio/Peretti in video storici o di cronaca, da lui commentati fuori campo con aforismi sarcastici, o enigmatici, il più delle volte apocrifi; esperimenti ancor più radicalmente d’avanguardia, come tentativi dall’esito discutibile di messa in musica hip-hop delle parole del maestro, in un contesto visivo contrassegnato da un’estetica da videoclip non supportata da mezzi tecnici adeguati. Ci sono tutti gli elementi perché nasca un fenomeno multimediale “di culto”. E in effetti nasce. La popolarità postuma di quel misantropo post-moderno cresce a tal punto che i suoi tre auto-nominati apostoli ricevono un irrestibile invito a partecipare a una trasmissione televisiva di chiacchiere della domenica pomeriggio. Sull’opportunità d’accettare Peretti e Papà Gallo non nutrono dubbi. Carletto esita, ponendosi in tutta coscienza la questione se l’amico sarebbe d’accordo o meno. Certo, Aurelio non era tipo  da apprezzare quel genere di show. Non per nulla così suonava uno dei suoi motti storicamente accertati:

Senti chi parla, ascolta chi tace, taci ch’è meglio.

Del resto, è importante (e di certo l’Aure l’apprezzerebbe) che la diffusione popolare del suo messaggio sia corretta, non strumentalizzata e commercializzata; e questo lo può garantire solo lui, Carletto. Sarebbe vile da parte sua tirarsi indietro proprio adesso, lasciando l’immagine d’Aurelio alla mercé d’imprevedibili speculazioni. Insomma, malgrado la contrarietà della figlia adolescente e protettiva, preoccupata per un potenziale stress da eccessiva esposizione, si convince e va in onda, in diretta. L’emozione è enorme. L’esito, in termini di gradimento del pubblico e risonanza sub-culturale, strepitoso. Carletto deve aumentare gli investimenti nel sito, assumere part-time un assistente, trascurare il lavoro con cui mantiene se stesso e Gaia, sempre più perplessa e inquieta. Mai in vita sua si è sentito così coinvolto, investito di una vera e propria missione; e ciò gli dà un’energia inebriante, giovanile senza gioventù. Gli giungono numerose e allettanti offerte d’inserzione pubblicitaria, ma lui le rifiuta bruscamente, quasi fossero offensive. Non ha mai agito per interesse in questo campo, né ha intenzione di farlo. La sua stella polare (dice a se stesso e agli altri) è e sempre sarà il massimo rispetto per la memoria dell’amico.

Ovviamente Aurelio non si sente per nulla rispettato – anzi! L’iniziale fastidio per l’improvvida iniziativa dell’ex-amico si trasforma in rabbia e viscerale avversione. Viscere infinite di fantasma, le sue, dalla cui contorsione si sprigiona un odio senza limiti. Non gli pesa tanto l’imitazione infedele e nazionalpopolare a opera di un attore mediocre, né che gran parte dei suoi “motti” siano mal ricordati o travisati. È, anzi, il fatto che qualcosa di vero, d’intimamente suo permanga ciò che gli disturba l’eterno riposo. Lo scivolamento nel nulla cui tanto ambiva già da vivo  è costantemente interrotto da beep di notifica della sua esistenza sugli schermi d’ormai tutto il mondo. Lo allarma e imbufalisce in particolare proprio il fatto di venir nominato a sproposito da utenti di altre lingue, in paesi lontani. Teme di non venir più fuori dalla spirale globalmente perversa della memoria. Passa al contrattacco, stavolta togliendosi, per così dire, i guantoni. Non attende la prossima emicrania di Carletto: gli si presenta con la sua faccia d’un tempo in contemporanea su computer, smartphone e tablet, intimando:

Chiudi questo sito o sarò io a chiudere te!

E scompare, convinto d’essere stato spaventoso abbastanza. E invece…

CARLETTO –  Era lui! Ma non era lui. Sembrava lui…

GAIA –  Lui chi?

CARLETTO –  L’Aure.

GAIA –  Ma – tipo un altro argomento?

CARLETTO –  Degli hacker russi, o bielorussi, hanno clonato e animato in 3D una foto dell’Aure da vivo e gli hanno fatto dire delle cose orribili con la sua voce che anche quella sembrava vera, ma come hanno fatto, eh? Secondo te?

GAIA –  Uhu?

CARLETTO –  Ma vuoi piantarla di fare i compiti? Ti sto parlando di una cosa seria!…

GAIA –  Dimmi, pa’.

CARLETTO –  O magari ho avuto un’allucinazione, ma non sembrava un’allucinazione, e poi non avevo l’emicrania, è da un po’ che sto benissimo /

GAIA –  A me non pare /

CARLETTO –  Cosa?

GAIA –  Che stai bene. Praticamente non vai più a lavorare /

CARLETTO –  Appunto, sto benissimo.

GAIA –  Senti, pa’, perché non ti prendi una pausa da ‘sti social, sei sempre davanti a uno schermo, guarda che c’è un mondo là fuori…

CARLETTO –  Bla, bla, bla…

GAIA –  Hai bisogno di amici veri. Vivi!

CARLETTO –  Sei noiosa! Noiosa, noiosa, noiosa /

GAIA –  E fatti una fidanzata, cazzo!

Breve silenzio.

CARLETTO –  Ma guarda un po’. Mi ha taggato NonSonoUgo 63.

Insomma, niente da fare: anche questo ammonimento viene bellamente ignorato. Ma il fantasma non si dà per vinto. E come potrebbe? Di giorno in giorno la sua notorietà cresce e rischia di mantenerlo sospeso in quel limbo per un tempo indeterminato. A mali estremi, estremi rimedi. Il mattino seguente tra le numerose nuove e-mail di Carletto spicca, contrassegnandosi come URGENTE, il seguente messaggio (indirizzo del mittente: eterno http://renatogabrielli.it@veramorte.org):

Se stai leggendo questa mail vuol dire che sei uno dei tanti, troppi invadenti rompicoglioni che traggono piacere dal ricordare a tutti i costi chi trae piacere esclusivamente dal non essere ricordato, cioè per esempio me. Magari sei il primo della banda, quello che ha avuto la brillante idea di rompermi i coglioni e l’ha diffusa come un contagio d’imbecillità pestilenziale. Magari sei solo un, comunque colpevole, contagiato. In ogni caso con la presente ti diffido dal continuare la tua opera di disturbo scrivendo, pronunciando, o anche solo pensando il nome di me sottoscritto, a scanso di pesanti conseguenze sul tuo sistema nervoso ed equilibrio mentale, di cui la ricezione di questa mail è la prima avvisaglia. Dovrai anche inoltrare questo mio messaggio ad almeno altri 10 rompicoglioni di tua conoscenza – e almeno 10 ne conosci, non ci sono scuse! Oppure ai tormenti psicologici ne aggiungerò anche di fisici, che noi fantasmi sappiamo perfettamente infliggere, malgrado gl’ignoranti pensino il contrario. Ti beccherai, quando voglio io e nell’ordine da me insindacabilmente stabilito:

la scabbia norvegese

la pediculosi

la dermatofitosi o dermatofizia

la poliformalicosi detta anche TBC

la micobatteriosi non tubercolare detta anche MOTT

il morbo di Hansen detto anche lebbra

una semplice malaria

la tularemia o febbre dei conigli

l’infezione da batterio Treponema pallidum volgarmente nota come sifilide

la salmonellosi non tifoidea

la rickettsiosi, che come forse sai è diversa dal tifo esantematico

il tifo esantematico

la meningite menigococcica

la listeriosi da batterio Gram+

la leptospirosi

la leishmaniosi viscerale

la legionellosi

l’epatite virale NANB

una serie di diarree infettive non da salmonella

la brucellosi

la blenorragia meglio nota come gonorrea

la trichinellosi

il botulismo

il tifo dei pidocchi

la malattia di Marburg

la febbre ricorrente epidemica

il colera

e contemporaneamente per non perdere tempo il morbillo, la rosolia, la scarlattina, la varicella e la parotite, che tu chiami “orecchioni”.

Non dire poi che non ti avevo avvertito. La prevenzione, come dice la tivù, è fondamentale. Leggi qui sotto la mia firma che si  auto-cancella e dimenticala per sempre.

A non A

u non u

r non r

e non e

l non l

i non i

o non o

Stavolta Carletto si spaventa davvero. Si rende conto che il suo sito sta dando sul serio fastidio a qualcuno; a qualcuno di molto potente, o almeno dotato di mezzi informatici sofisticati. Non riesce infatti a risalire, nonostante l’aiuto di un amico agente scelto della polizia postale, al server da cui è partita la missiva. La sua tendenza leggermente paranoica a interpretare l’opaca realtà alla luce d’improbabili complotti s’intensifica, facendogli esplorare mille ipotesi, ma non quella più ovvia e giusta: cioè che la mail provenga in effetti dall’oltretomba. Sarà un’azione di disturbo anti-occidentale di hacker che agiscono da un satellite segreto della Repubblica Popolare Cinese, o piuttosto un’intimidazione da parte dei servizi segreti di certe multinazionali alimentari infastidite dai numerosi strali lanciati da Aurelio contro le bevande gassate?… Insonne, agitato oltremodo, si chiude a chiave nel suo studiolo per due giorni e due notti ignorando i richiami della figlia in ansia che continua a bussare e minaccia di chiamare il 118. Ne esce infine stravolto, ma risoluto. Ha preso coscienza della propria fede profonda nella democrazia, di cui in tutta la sua vita precedente non s’era manco accorto, dato che non veniva messa alla prova. E la democrazia liberale esige trasparenza. No, lui non cederà ad alcun ricatto, anzi denuncerà senza paura la manovra delle multinazionali cinesi e non solo…

“Tutti devono sapere!” – urla a Gaia, che non osa contraddirlo né fargli domande, finché lo vede in queste condizioni. Si precipita a scrivere un post infuocato, indignato, in cui giura che il sito d’Aurelio resisterà a ogni vile attacco dei poteri forti, come la vergognosa e-mail minatoria, che ricopia integralmente – dandole così massima diffusione.

Ed è proprio quello che il fantasma, fattosi astuto dopo i primi tentativi fallimentari, s’aspettava e sperava. Il testo da lui inviato è infatti il lungo codice di innesco di un virus informatico di complessità disumana, che in diciassette minuti e otto secondi  blocca internet in tutto il mondo. I tecnici delle grandi potenze, per una volta tra loro alleati, non riescono a venirne a capo; e comunque dopo un’altra mezz’ora pure le comunicazioni telefoniche tra di loro e tra i loro leader supremi piombano nel più nero dei black-out. Come in un castello di carte, crollano l’uno sull’altro economia, trasporti, cultura, acqua, luce, gas. Buio, siamo tutti al buio, senza che nessuno ne capisca il motivo. Nessuno, tranne Carletto, angosciato più di noi, perché solo ora, alle prese oltretutto con l’aura che annuncia un nuovo attacco d’emicrania, si accorge del suo tragico errore, delle sue responsabilità nella catastrofe globale.

Ma il fantasma di Aurelio non vuole certo far finire il mondo. Non perché glie ne importi granché – diciamo che sarebbe una reazione troppo clamorosa, contraria al suo caratteristico understatement. Ha dovuto esagerare, per farsi una volta per tutte intendere da quell’ottuso del Carletto. Prima che l’interruzione universale dell’energia abbia conseguenze irreversibili per l’umanità, a mezzanotte e zero quattro in punto, un unico computer sulla superficie terrestre s’accende da solo, come per magia. Avete già compreso di chi è quello schermo, e chi vi appare.

CARLETTO –  Aaaaahaaaah!…

AURELIO –  Zitto, scemo.

CARLETTO –  Sei tu! Sei proprio tu!…

AURELIO –  Io chi?

CARLETTO –  Tu…

AURELIO –  Io chi?

CARLETTO –  Nessuno.

AURELIO –  Bravo, finalmente l’hai capita.

CARLETTO –  Cosa vuoi?

AURELIO –  Lo sai già. Quel che voglio da mesi /

CARLETTO –  Sparire? E allora sparisci, cosa ci vuole, scusa tanto se ho creduto in te, tutto ‘sto casino solo perché ti ho voluto bene, sei sempre il solito, non lo sarai più, e va bene, ti farò sparire se ci tieni tanto a fare l’asociale, dai, su, forza e SPARISCI, PER DIO!…

GAIA –  Papà, che succede?… Stai bene?

A partire da mezzanotte, undici minuti e ventiquattro secondi gradualmente ma ovunque gas, luce, acqua, cultura, trasporti, economia e soprattutto internet si rimettono a funzionare come e meglio di prima. Nella rete globale manca però il sito dedicato ai motti di Aurelio, che il suo curatore ha prontamente rimosso.

Nei giorni successivi, interrogato in proposito dai numerosi seguaci e amici virtuali, Carletto ignora sfacciatamente le domande. Anzi, si prende la vacanza che la saggia figlia da tempo gli raccomandava, non portandosi appresso alcuno strumento di comunicazione elettronica. Al suo ritorno, l’interesse per il fantasma è già svanito, con la stessa rapidità con cui era montato fino all’inverosimile poche settimane prima. Soltanto Papà Gallo e Furio Peretti, comprensibilmente turbati dallo sfumare d’un facile e redditizio lavoro, insistono nel chiedere spiegazioni a Carletto. E lui risponde di essersi inventato tutto. Che cioè Aurelio non sarebbe mai esistito: versione di comodo a cui, per stanchezza o noia, i pochi interessati finiscono per credere; tant’è vero che alla maggior parte di voi il fedele resoconto che state leggendo parrà un racconto di pura fantasia. Meglio così, comunque. Non voglio certo essere io a richiamare dal http:\\/\\/renatogabrielli.ita in cui riposa quello spirito ostile e rancoroso. Né certo lo farà di nuovo il suo ex amico, che nel frattempo si è fidanzato, ha ottenuto una promozione sul lavoro e usa il personal computer di casa solo come vassoio per la colazione. Si è dimenticato quella terribile notte del black-out, come noi tutti, dall’equatore ai poli, abbiamo voluto dimenticarla. E ci siamo riusciti, nevvero? Come il fantasma d’Aurelio è riuscito a sparire per sempre. Ma non facciamoci illusioni. La cattiva abitudine di rompere i coglioni ai morti non è sparita ed esporrà il mondo, finché mondo ci sarà, a pericoli spaventosi e incessanti.