GATTI E DINTORNI
(un panel)
ROBERTO – I gatti sono solo un punto di partenza. Non dico un pretesto, perché la parola “pretesto” non rispecchia il mio pensiero né le mie intenzioni. Se ho accettato di parlare di gatti (dopo – lo ammetto – mille reticenze), da persona seria e coerente, mi atterrò all’argomento, almeno all’inizio. Ma vorrei farlo in modo non riduttivo e non convenzionale, connettendo, mentre si snoda il mio ragionamento, varie discipline, sia umanistiche, sia – perché no? – scientifiche.
FRANCESCA – E cioè?
ROBERTO – Un momento. Ci arrivo. Prima devo chiarire il modo in cui assolutamente non parlerò di gatti.
FRANCESCA – Non serve. Basta che tu ne parli nell’altro modo, quello che invece ti piace.
ROBERTO – Non parlerò di gatti in modo patetico e convenzionale. Niente di melenso, nel mio discorso. Niente di autobiografico. Eviterò qualunque riferimento a felini domestici di mia diretta conoscenza o proprietà /
FRANCESCA – Di nostra proprietà.
ROBERTO – È lo stesso.
FRANCESCA – Ti riferisci a /
ROBERTO – Non mi riferisco, non mi riferisco a niente, ho detto: niente riferimenti /
FRANCESCA – Alla nostra micetta?
ROBERTO – Appunto. Io trovo patetici e miserabili gli esseri umani che condividono foto e/o stupide storie concernenti i loro – come hai detto? – micetti…
FRANCESCA – Ma la nostra micetta non è come le altre.
ROBERTO – Lo dicono tutti.
FRANCESCA – Infatti!
ROBERTO – No, lo dicono tutti, ciascuno della propria micetta. Si tratta di una triste, penosa manifestazione del narcisismo di massa.
FRANCESCA – Non mi pare. La nostra micetta, intanto, ha un nome speciale.
ROBERTO – Tigre.
FRANCESCA – E c’è un simpatico aneddoto che spiega l’origine del suo nome.
ROBERTO – Raccontalo tu.
FRANCESCA – No, tu.
ROBERTO – Non m’interessa. Non interessa a nessuno. E mi viene un sospetto. (…) Non vuoi sapere qual è il mio sospetto?
FRANCESCA – Sentiamo.
ROBERTO – Che tu abbia chiesto, implorato, preteso, di mettere all’ordine del giorno un panel sui gatti solo per poter raccontare, o, peggio, farmi raccontare dei melensi aneddoti sulla nostra micetta Tigre.
FRANCESCA – Non sono melensi – e poi ce ne sarebbe solo uno, però bello e divertente, di aneddoto, ma se ti devi innervosire così, lasciamo stare. L’importante è che, dopo tanti discorsi inutili, si parli di gatti.
ROBERTO – Quali discorsi inutili?
FRANCESCA – Niente, niente, scherzavo. Cominciamo.
ROBERTO – Appunto, io comincerei – se me lo consenti – ribaltando la prospettiva, in chiave anti-convenzionale. Che cosa direbbero di noi due gatti, se si trovassero nella nostra stessa situazione? Se cioè fossero invitati a un panel sugli esseri umani, senza essere particolarmente esperti di esseri umani?
FRANCESCA – Lo chiedi a me? Sul serio?
ROBERTO – È una domanda aperta.
FRANCESCA – Vuoi dire che non sono particolarmente esperta di esseri umani? O di gatti? O di entrambi?
ROBERTO – Non prenderla sul personale. Tu prendi sempre tutto sul personale, mentre io stavo affrontando una questione generale, di ampio respiro /
FRANCESCA – Bravo, bravo.
ROBERTO – Che fai, mi sfotti?
FRANCESCA – Agli ordini, generale!
ROBERTO – Guarda che non sono io che ho voluto il panel sui gatti, io posso andarmene in qualunque momento e non ci sarebbe più il panel /
FRANCESCA – Che fai, mi minacci? (…) Allora, dato che con ogni evidenza non riesci a impostare il dibattito in maniera serena ed equilibrata, me ne faccio carico io. Tanto per cambiare. Sono davvero tante le cose di cui mi faccio carico – aggiungerò pure questa. No problem, non perdere tempo a ringraziarmi – eh? (…) I gatti. Un argomento, ma soprattutto degli esseri viventi, molto speciali e particolari. Ciascuno, ciascuna di loro. E proprio per rispettare la loro individualità, vorrei partire da un esempio /
ROBERTO – Fammi indovinare /
FRANCESCA – La nostra gattina. Tigre. Ci sono dei precisi motivi, non solo affettivi, per cui è unica al mondo. Certo, in un certo senso ogni singolo gatto è unico al mondo, almeno per i suoi padroni – che poi non sono veramente mai i suoi padroni, perché è un animale domestico non del tutto addomesticato, indipendente, autonomo /
ROBERTO – Banalità. Cose sentite milioni di volte. Veniamo al sodo, per piacere.
FRANCESCA – Sì, d’accordo, veniamo al sodo, perché chi ci ascolta non vede l’ora di scompisciarsi dalle risate per il buffo aneddoto che gli abbiamo promesso da un bel pezzo. Allora. Roberto stava – posso dirlo? – seduto sul cesso, quando /
ROBERTO – Non c’è niente da ridere. Io mi sono spaventato.
FRANCESCA – Per una micetta!
ROBERTO – Ci si trova in una condizione di fragilità, da nudi in bagno.
FRANCESCA – Sì, ma Tigre non poteva saperne niente della tua fragilità. Per lei essere nuda è normale.
ROBERTO – Io infatti non ce l’ho con lei, ma con te, per le tue grasse risate.
FRANCESCA – Dovevate vederlo… Ah, ah, ah!… Scappare in corridoio con i pantaloni abbassati!…
ROBERTO – Basta!
FRANCESCA – Scusa. Un’immagine indimenticabile.
ROBERTO – La nostra gatta fa gli agguati. Tutto qui. Fino all’episodio che tu trovi così esilarante, non lo sapevamo ancora – è stato il primo agguato. Quella volta mi sono spaventato, poi ci ho, ci abbiamo fatto l’abitudine.
FRANCESCA – Ma dovete sapere che, agguati a parte, la nostra Tigre è una micetta tenerissima.
ROBERTO – Imprevedibile.
FRANCESCA – Simpatica.
ROBERTO – Inquietante.
FRANCESCA – Inquietante?
ROBERTO – Sì, a ripensarci ora – e non è che io ci ripensi spesso, non ne vale la pena – Tigre non era il nome giusto. Perché una tigre è una tigre, sai sempre che cosa aspettarti da una belva feroce.
FRANCESCA – Ah sì? E come fai a saperlo? Nel tempo libero hai fatto un corso per domatori /
ROBERTO – Non mi interrompere. Questo è un ragionamento importante. Stavo dicendo. Una tigre è una tigre. Un gatto che ogni tanto si comporta da tigre, ogni tanto da micetta coccolosa, il più del tempo se ne sta per i fatti suoi, immerso nei suoi non-pensieri enigmatici, è inquietante; ma non eccezionale. Tutti i gatti, in fondo, sono così. Non a caso la mitologia popolare e la grande letteratura associano il gatto al demonio. Nel Maestro e Margherita di Michail Bulgakov /
FRANCESCA – Lascia stare Bulgakov e le tue citazioni colte. Stai forse insinuando che la nostra micetta è indemoniata?
ROBERTO – Il discorso è più complesso.
FRANCESCA – E ti pareva.
ROBERTO – Stavo solo dicendo che ci dev’essere un motivo, se nella mente umana l’immagine del gatto si associa con il concetto di male assoluto.
FRANCESCA – In quale mente umana? Nella mia, no.
ROBERTO – In tante menti umane, magari più importanti e illustri della tua e della mia. Ti sei mai chiesta perché una simile associazione non è mai stata fatta con l’immagine del cane?
FRANCESCA – Ah, ecco, ci siamo arrivati.
ROBERTO – A cosa?
FRANCESCA – Il cane, il cane, lo sapevo che avresti tirato fuori il cane.
ROBERTO – Un cane può essere rabbioso o comunque pericoloso, ma non evoca o suggerisce, culturalmente parlando, presenze demoniache.
FRANCESCA – Culturalmente parlando, culturalmente parlando… Quanto la fai difficile. Di’ le cose come stanno. Tu volevi un cane /
ROBERTO – Io non volevo un cane /
FRANCESCA – E invece ci siamo presi Tigre. Io non ho niente contro i cani, ma sono più impegnativi e complicati – e ti ricordo che io lavoro a tempo pieno.
ROBERTO – Ma che c’entra?
FRANCESCA – Lo portavi tu a pisciare e cacare, mattina e sera, nel caso?
ROBERTO – Ribadisco: io non ho mai detto di volere un cane.
FRANCESCA – Ma l’hai pensato. Ti conosco: ammettilo. (…) Cosa ti costa ammettere /
ROBERTO – Tu non mi conosci poi così bene. E basta, basta parlare dei fatti nostri! Questo è un panel sui gatti, non sui fatti nostri!
FRANCESCA – Hai ragione, scusa. Non volevo metterti in imbarazzo.
ROBERTO – Io non sono per niente imbarazzato /
FRANCESCA – L’immagine di te che saltelli a culo nudo nel corridoio fuggendo da una gattina lunga trentadue centimetri è obiettivamente imbarazzante. Ho fatto male a evocarla davanti a tutte queste persone. Potrai mai perdonarmi?
ROBERTO – Io sto solo cercando di salvare questo panel dal tuo assurdo soggettivismo.
FRANCESCA – È assurdo, piuttosto, che tu parli di soggettivismo – un termine che non ha senso.
ROBERTO – Sì che ce l’ha.
FRANCESCA – No che non ce l’ha.
ROBERTO – Ecco, a questo punto appare un gatto – e magari la tensione si scioglie. È per questo – anche e soprattutto per questo – che la gente, in particolare le coppie, certe coppie, si mette un gatto in casa. Per alleviare la tensione, quando la conversazione si avvita in batti-e-ribatti sterili e disperati.
FRANCESCA – No. La gente si mette un gatto in casa perché quel gatto è carino. Tenero. Coccoloso. Vispo. Simpatico. Buffo. Occasionalmente feroce. Ma ti entra comunque nel cuore – e dopo pochi giorni che è entrato in casa tua, non potresti più farne a meno.
ROBERTO – Sicura?
FRANCESCA – Nemmeno tu potresti fare a meno di Tigre. (…) Non è vero?
…
…
ROBERTO – E va bene. Parliamone. Prima o poi doveva saltare fuori /
FRANCESCA – Cosa?
ROBERTO – Ho cercato di ucciderla.
FRANCESCA – Tigre?
ROBERTO – Ma non ci sono riuscito. Anzi /
FRANCESCA – Tu sei pazzo /
ROBERTO – Non sono nemmeno riuscito a provarci, ho solo pensato a cercare di ucciderla, ma intensamente e con tutti i dettagli. Vuoi sentire i dettagli?
FRANCESCA – Io vivo con un pazzo.
ROBERTO – No. Tu vivi con una gatta che può far impazzire anche la persona più equilibrata del mondo /
FRANCESCA – Che chiaramente non sei tu.
ROBERTO – Comunque.
FRANCESCA – Perché? (…) Dimmi solo perché.
ROBERTO – Ero stressato in quel periodo /
FRANCESCA – Lo sei sempre.
ROBERTO – Per il lavoro.
FRANCESCA – Quale lavoro?
…
ROBERTO – Insomma, gli assalti di Tigre non erano il problema, non sono mai stati un vero problema, gli assalti. Ma il prima e il dopo gli assalti. Tutta un’atmosfera inquietante e logorante generata unicamente dai comportamenti di Tigre, comportamenti che – in un periodo, ripeto, di particolare stress – non potevo non interpretare come manifestazioni di natura diabolica.
FRANCESCA – Per esempio?
ROBERTO – Non riesco a farti un esempio. È un’atmosfera, non ci sono esempi di fatti, ma piuttosto sensazioni, catene di sensazioni.
FRANCESCA – Allora fammi un esempio di sensazione.
ROBERTO – Okay. (…) Hai presente, no, quando lei c’è e non c’è?
FRANCESCA – In che senso?
ROBERTO – Ti sembra che sia lì, nella stanza con te, ma quando ti volti a guardarla non c’è; e viceversa. Come se ci fosse una misteriosa correlazione inversa tra l’intenzionalità dello sguardo umano e l’esistenza materiale del gatto.
FRANCESCA – Non c’è niente di strano. I gatti sono animali molto mobili e veloci – e se uno si distrae /
ROBERTO – Quanto la fai facile! La fai sempre facile, tu. E il gatto di Schrödinger?
FRANCESCA – Ma cosa c’entra il gatto di Schrödinger? La smetti di fare citazioni colte a casaccio? Tu non hai mai capito niente di fisica quantistica. E neanche di fisica in generale. Tu non capisci niente /
ROBERTO – Ah, ah, ah, tu stai diventando aggressiva perché ti ho messo in difficoltà con la mia dialettica.
FRANCESCA – No, io sto diventando aggressiva perché hai tentato di assassinare la mia micetta.
ROBERTO – Ci ho solo pensato.
FRANCESCA – E come volevi farlo? (…) Veleno, vero?
ROBERTO – Era un piano perfetto.
FRANCESCA – Lo sapevo, sei un vigliacco, nemmeno il coraggio di affrontarla occhi negli occhi hai avuto!… Nel tuo mediocre corpo maschile si nasconde e fermenta da sempre un’anima da femminuccia acida e malvagia /
ROBERTO – Ma cosa avrei dovuto fare, secondo te? Spaccarle la testa con una grossa pietra? Sarebbe stato un gesto più virile? (…) Ci ho pensato, sai. Ma poi ho scartato l’ipotesi, anche perché mi avresi scoperto subito, mentre uno degli obiettivi principali del piano era non lasciare tracce, farla franca. A questo punto ho digitato nel dark web “veleno per gatti irrintracciabile in eventuale autopsia” e mi si è aperto un mondo.
FRANCESCA – Immagino.
ROBERTO – No, no, sul serio. Ho trovato dei nuovi amici, gente che si era posta prima di me, molto concretamente, certe questioni. E aveva, a quanto pare, tutti gli strumenti per risolverle.
FRANCESCA – Dei pazzi criminali, insomma.
ROBERTO – Se ti piace definirli così…
FRANCESCA – E tu, come loro: un pazzo criminale.
ROBERTO – Ma alla fine non ho fatto niente.
FRANCESCA – Perché tu non fai mai, mai niente!…
ROBERTO – Devo ammazzarla, allora? Sì o no? Basta chiederlo.
FRANCESCA – Io ti lascio, ti lascio, ti lascio!…
ROBERTO – Più tre.
FRANCESCA – Cosa?
ROBERTO – Tre volte in più che me l’hai detto. Fanno… centoventisette. E siamo ancora qui.
FRANCESCA – Ma questa è la volta buona.
ROBERTO – Il panel sui gatti è stata una pessima idea, tua del resto, ne ero certo. Era ovvio fin dall’inizio che avremmo finito per litigare, oscurando tra l’altro con un polverone di fatti nostri il vero argomento del panel, l’unico che interessava al nostro pubblico /
FRANCESCA – Il pubblico! Tu pensi al pubblico, mentre io ti sto lasciando!…
ROBERTO – Tu mi stai lasciando, o meglio dici che mi stai lasciando, in pubblico – o no? (…) (…) (…) Ma dove vai? (…) Guarda che stavolta non t’inseguo! (…) Scusate. Sono desolato. Non doveva andare così. (…) Ci vediamo alle otto da tua cugina! (…) E ricomparirà alle otto, da sua cugina, come se niente fosse. Francesca è fatta così. Ma a voi di tutto questo giustamente non importa; e me ne scuso ancora. Più che di gatti qui si è discusso, involontariamente, mi sembra… Ecco, della crisi della coppia contemporanea. O qualcosa del genere. Un argomento – ora che ci penso – meritevole di approfondimenti. E potremmo approfondirlo collegandoci con un grande, anziano studioso. Uno dei pochi che si possono chiamare, senza vergogna di nessuno, maestro. È pronto il collegamento con il Maestro? (…) Pronto?