– Anche questo?
– Soprattutto questo.
– Ma non lo vedi che è il primo?
– Appunto, proprio perché è il primo, a maggior ragione /
– Al rogo!
– Il primo giornale è come la prima sigaretta, con l’importante differenza che /
– Lo sappiamo, lo sappiamo /
– I giornali fanno molto più male delle sigarette, ma nessuno ti avvisa, nessuno ti protegge, specialmente quando sei piccolo e ti sembra una cosa meravigliosa quella lenzuolata di fogli inchiostrati che tuo padre ha portato a casa dopo il lavoro e tu gli chiedi cos’è e lui /
– Leggi insieme a me, Reno: C-O-R-R-I-E /
– Nooooo! Babbo, non farlo!
– Padre, tu stai manipolando in chiave tossica l’esistenza futura del tuo figlioletto innocente, o almeno innocuo, di cinque anni. Egli presto, troppo presto, già dalla prima adolescenza, svilupperà una grave dipendenza dalla lettura quotidiana dei giornali quotidiani /
– Ma cosa c’è di male?
– Obietta il padre, non sapendo, non capendo che meglio – o meno peggio – farebbe al bambino dandogli uno shot di tequila, un tiro di canna, una sniffata di colla, mezzo blister di un barbiturico a caso.
– E dunque il babbo ci ha iniziato al “Corriere” più di cinquant’anni fa, mettendo in moto un processo di condizionamento cerebrale devastante e inarrestabile /
– Che però oggi, finalmente, arresteremo.
– Ne sei sicuro? Come facciamo a esserne sicuri?
…
– “Corriere della Sera”. All’inizio era quasi soltanto “Corriere della Sera” /
– A pigne, a pacchi, a mucchi /
– Annate complete degli anni settanta a far da base alla nostra pira /
– E poi sopra?
– Un piccolo strato di “Giornale” di Montanelli, un vizio del babbo /
– E più sopra ovviamente “La Repubblica”, che dagli anni ottanta, cominciando a farci di carta sporca in piena autonomia, abbiamo alternato al “Corriere” – chissà perché?
– Pluralismo?
– Sul serio?
– Ma non c’era nessuna differenza, non mi ricordo nessuna differenza, ma soprattutto non mi ricordo nemmeno una riga delle centinaia, migliaia di articoli che ci siamo intestarditi a leggere /
– Negli anni ottanta, negli anni novanta, negli anni zero, negli anni dieci /
– E tanto per variare (ma non cambiava nulla) /
– Lì, più in alto, in cima alla catasta /
– “Il Sole 24 Ore”, “Il Manifesto”, “Il Foglio”, “Il Fatto” /
– E tanto per darsi un tono /
– “The New York Times”, “The Guardian”, la “Folha de São Paulo” /
– Nulla, nulla, nulla, nulla, nulla, nulla, nulla /
– Non distinguo più nulla nella memoria, c’è solo una massa informe di tempo sprecato /
– E dunque /
– Fiammifero?
– Aspetta!
…
– C’era quell’articolo davvero interessante…
– Dove? Dove?
– Vorrei rileggerlo… Nelle pagine della cultura…
– Ah, ah, ah!… Le pagine della cultura!…
– Chi l’ha scritto?
– Uno scrittore.
– Ah, ah, ah!… Gli scrittori!… Che scrivono delle… cose… Ah, ah, ah!… Nelle pagine della…
– Basta! Al rogo!
– No! Aspetta!
…
– Non è possibile che non ci sia servito a niente.
– E invece sì.
– Noi ci tenevamo al passo, aggiornati /
– Avevamo l’impressione, l’illusione /
– (Ma è meglio di niente) /
– Di tenerci al passo, aggiornati. Ma su cosa?
– Politica interna. Politica estera. Cronaca. Economia. Cultura. Spettacoli. Sport.
– Nulla, nulla, nulla, nulla, nulla, nulla, nulla di tutto ciò è rimasto. Nulla di tutto ciò che abbiamo letto in centinaia, migliaia di ore sui giornali ha risolto o ridotto la nostra impotenza – e anzi l’ha esasperata.
– Impotenza?
– Impotenza a cambiare le cose, a lasciare il benché minimo segno in politica interna, politica estera, cronaca, economia, per non parlare di cultura e spettacoli /
– E lo sport? Vogliamo parlare dello sport?
– Lasciamo stare lo sport.
– Sì, è meglio. Ma, ora che ci penso, tutto ‘sto spreco immane di tempo a qualcosa è servito.
– E cioè?
– Come tutte le droghe, come la peggiore delle droghe, la lettura dei quotidiani ci ha distratto dalla vita.
– La vita? In che senso? Cosa intendi per vita?
– È molto semplice. Voltati indietro. Guarda.
– Ma è tutto buio.
– Appunto.
…
– Fiammifero?
…
Gettiamo un fiammifero acceso sull’enorme catasta dei giornali quotidiani della nostra vita. Mentre comincia a prendere fuoco, le voltiamo le spalle, guardando nel buio. Sentiamo un calore crescente alle nostre spalle, ma senza luce: il rogo dei giornali non illumina nulla. Esitiamo, poi camminiamo, più sicuri, più veloci, poi corriamo nel buio, dentro al buio, in fondo al buio, fino a perdere il fiato.