Lettura scenica dei testi scritti dai partecipanti al laboratorio di drammaturgia del Progetto Teatro Utile 2020.
Domenica 25 luglio 2021, ore 19.00, presso il Teatro Filodrammatici di Milano
Progetto realizzato con il sostegno della Fondazione di Comunità Milano Onlus
Con il patrocinio di UNHCR Italia – Agenzia ONU per i Rifugiati e Comune di Milano
Dal laboratorio condotto da Renato Gabrielli sono nati i testi che verranno letti e interpretati dagli attori di Teatro Utile, con la partecipazione di alcuni rifugiati che collaborano al progetto, tutti diretti da Tiziana Bergamaschi.
Autori: Diana Chihade, Angelo Curci, Vanessa Da Cruz, Lucio Guarinoni, Sandra Madu, Giulia Mento, Nalini Vidoolah Mootoosamy, Addes Tesfamarian.
Il laboratorio, da me condotto in collaborazione con Tiziana Bergamaschi, è iniziato con una settimana “in presenza”, proseguendo poi, per le note cause di forza maggiore, con una serie di riunioni mensili via Skype.
Drammaturghe e drammaturghi italiani, “di seconda generazione” e non, già esperti o alle prime armi, hanno esplorato il tema dell’appartenenza culturale nel contesto delle violente, spesso paradossali contraddizioni che attraversano la società italiana contemporanea. La denuncia di soprusi, pregiudizi e meschinità razzista ricorre nei testi, senza mai confinarsi nella predica o nell’invettiva, ma innervando situazioni teatrali credibili e ben strutturate. Il gruppo di lavoro, assai coeso e propenso ai reciproci scambi, ha garantito il bilanciamento tra marcata unità tematica e metodologica nell’impostazione drammaturgica ed estrema eterogeneità delle esperienze e delle propensioni stilistiche dei singoli.
Due autrici hanno scelto l’ironia come arma per scardinare i più vieti luoghi comuni sull’”italianità”. Ha toni di spigliata commedia ITALIENA di Sandra Madu, che ambienta nella tipica arena di un bar l’incontro/scontro tra la giovane nera Hope e l’anziano bianco Bruno. Chi è il “più italiano” tra i due? Il bizzarro test proposto da una app riserverà delle sorprese. Umorismo graffiante è anche quello di FRELLA, protagonista del “corto” teatrale di Addes Tesfamariam: una stand-up comedian al debutto, brillante pur tra mille insicurezze, capace di smascherare a suon di battute il razzismo inconsapevole e strisciante di cui è fatta oggetto.
Ha un taglio più drammatico e crudo ROOTS di Vanessa Da Cruz: qui Aisha, testimone del trattamento inumano che viene riservato a Guduru, lavoratore maliano privo di documenti, inizia un viaggio interiore – e fortemente politico – alla riscoperta delle proprie radici. E non è un caso che RADICI sia pure il titolo del breve dramma in cui Giulia Mento ci presenta la ribellione dell’italo-marocchina Wafae alle convenzioni borghesi in cui vogliono imprigionarla il fidanzato Carlo e i suoi arroganti amici; per lei, alla rivendicazione delle proprie origini si accompagna la riscoperta di un’appassionata vocazione artistica. Un’altra protagonista femminile alle prese con la difficile definizione della propria identità è Leila, la ragazza italo-siriana che, nei brevi e credibili quadri naturalistici del testo (ancora senza titolo) di Diana Chihade attraversa un’aula di liceo, il salotto di casa sua e una moschea, per ritrovare davvero se stessa in una palestra di pugilato.
Incomprensioni, tensioni e riavvicinamenti tra genitori un tempo immigrati e figli nati e cresciuti in Italia sono al centro di un ultimo terzetto di testi, stilisticamente molto diversi tra di loro. LA DANZA DEL KABOOTAR di Nalini Vidoolah Mootoosamy è un serrato faccia a faccia, in unità di tempo, luogo e azione, tra l’operosa, riservata Jaya e la sua vivace, irrequieta figlia Maria: il linguaggio della danza indiana offre ai due personaggi un imprevisto canale di comunicazione. Rispetta le tre unità aristoteliche pure CHIAVI IN TASCA ALL’ALTEZZA DEL CUORE di Angelo Curci. Bloccato (o forse no?) da un guasto nell’ascensore di casa, l’italo-senegalese Moustapha ingaggia un avvincente duello dialettico col figlio Iba, desideroso di rendersi autonomo dalle tradizioni familiari. Infine, è ambientato nel mondo della scuola – per la precisione, nell’anticamera dell’ufficio di un preside – LA MUTA di Lucio Guarinoni. Qui il confronto tra il giovane Ibrahim, che è chiamato a dar conto della sua reazione violenta a una battuta razzista, e la madre Fatima, si complica per la presenza di un terzo incomodo, l’impetuoso compagno di scuola Matteo Gamba; mentre una strana epidemia di prurito si diffonde, facendo slittare la pièce in direzione di un poetico, stralunato simbolismo.
Renato Gabrielli