Manuale di successo per disperati
di Karma Changer Jr.
Settimo estratto gratuito
I furgoni carichi di lavoratori cognitivi partivano alla spicciolata dal parcheggio di Rho-Pero. Andavano a confondersi con il traffico mattutino della periferia nord-occidentale di Milano. Niente di eccezionale stava accadendo, in apparenza, ma di fatto, a sentire Gordon, mi ritrovavo nei pressi del cuore pulsante, razionale dell’assurdo Sistema che ci governa; anzi, mi apprestavo a farlo battere quel cuore, sempre più forte.
– Tu non ci crederai, Karma Changer…
– Non ci credo.
– Infatti. Lo sapevo. Tu non ci crederai, ma noi siamo importanti.
– Noi?
– Tu, io, tutti quelli su questo furgone e sugli altri. Perfino lei.
Gordon ha diretto il mio sguardo su una donna sulla trentina, schiacciata al termine della sua panca, fintamente concentrata sul proprio smartphone. A fianco della donna, un tizio corpulento in giacca e cravatta sbadigliava a intervalli regolari. Solo qualche frenata brusca del furgone, con relativo sobbalzo, increspava la linea piatta della nostra apatia. Ma Gordon:
– Sì, lei. Lui. Loro. Noi siamo importanti per le riforme. Per il futuro del nostro paese, del mondo. Io sono al settimo contratto a termine. Voi forse al primo… Ma lo farei pure gratis, ‘sto lavoro. Per la Ely…
Ed è rimasto per un paio di minuti con gli occhi grigi, sognanti, nel vuoto.
– Io ho una certa età, perciò sono stato di sinistra. Della vecchia sinistra, KCJ – ne avrai sentito parlare, non sei giovane neanche tu. Dovrei sentirmi un fallito, almeno negli ideali, e invece, grazie al progetto di riforme della Ely… Tu penserai che le sbavo dietro perché è slanciata. Perché è una bellissima donna dal doppio cognome, bella da impazzire. Perché dalla sua bocca escono solo stupidaggini e luoghi comuni. Ma è proprio in quanto slanciata, in quanto luogo-comunista, che incarna le sfide della nuova sinistra. Quella vera e definitiva. Apocalittica e riformista.
– Hai bevuto, Gordon.
– Si sente?
– Dal fiato.
– Fino a lì.
– Fino a qui.
– #sisentefinoalì
– Cosa?
– Ho lanciato un hashtag.
– E allora?
– Dovrai lanciarne anche tu, molto presto… Dunque segui bene il mio ragionamento. C’è un fatto, no? Per esempio: a Gordon puzza il fiato d’alcool…
– E’ un fatto.
– Ed è anche un fatto che bevo molto, già due bicchieri al mattino. Ma cosa ce ne facciamo noi di questo fatto, eh? Il vecchio approccio di destra, o di sinistra, o di sinistra/destra, ci porrebbe di fronte a un’alternativa secca. Gordon smette di bere. Oppure: Gordon si mette a bere il doppio, e lo rivendica fino al vomito e alla bestemmia… Ah, e c’è pure l’approccio di centro: Gordon continua a bere come al solito, ma cerca di mascherare la fiatella masticando cicche alla menta. Noioso – ti pare? Abbiamo già dato, a questi vecchi approcci. Io lancio un hashtag.
– #sisentefinoalì. E poi?
– E poi niente. Aspetto, vedo se parte un trend, mi affido alla rete. Ti pare una cazzata?
– Non saprei come altro definirla, Gordon.
– Neanch’io, KCJ. Individualmente presa. Ma è la combinazione reticolare e moltiplicatoria di questa mia cazzata con la tua, e con la sua, e con la sua, e con tutte quelle che passano per la testa ai colleghi cognitivi stipati sugli altri furgoni che produce il riformismo!
Il furgone ha all’improvviso accelerato. Io cercavo un senso nello sproloquio del maturo etilista. Come leggendomi nel pensiero, lui si è proteso al mio orecchio, sporgendosi dalla panca opposta alla mia; mi è quasi caduto addosso, sussurrando con voce roca:
– L’algoritmo!… Stanno perfezionando il grande algoritmo!… Sublimazione aritmetica di tutte le nostre cazzate!… La fine della storia si avvicina, compagno!… Ma acqua in bocca! E viva la Ely!
Abbiamo imboccato una strada in discesa, in fondo alla quale c’era una curva a gomito. Gordon ha perso l’equilibrio, rovinando ai piedi della donna con lo smartphone. Quando, poche centinaia di metri dopo, il furgone si è fermato e ci hanno ridato luce naturale spalancando di colpo il portellone posteriore, lui si contorceva ancora di risate, a terra. I caporali cognitivi lo hanno fatto scendere per ultimo. Mentre ci avviavamo, in fila indiana, vagamente intimiditi, verso i tornelli d’ingresso della Fabbrica degli #Hashtag, abbiamo sentito ancora per un minuto la sua voce sguaiata stonare inseguendo la melodia di una vecchia canzone melensa di Francesco De Gregori. Poi più nulla. Mi sono voltato e nella fila non l’ho visto. Non l’avrei rivisto mai più, quel mio fragile compagno d’avventura.
(continua)