Scorciatoie
Manuale di successo per disperati
di Karma Changer Jr.
Quinto estratto gratuito
Sì, è passato del tempo. Ma avevo da fare. Anzi, per usare parole forti: dovevo lavorare. Ho trovato un lavoro, infatti, anzi, un lavoro mi ha trovato, ma non mi sono dimenticato di voi, cari fratelli in disperazione. Nelle rare pause tra un turno massacrante e l’altro, pensavo: io, Karma Changer Jr., non posso abbandonare i miei #follower. Il manuale deve continuare, continuerà a uscire sul blog del mio amico R.G., finché almeno manterrà consistenza questa mia precaria forma terrena. E adesso che la mia esperienza alla fabbrica clandestina degli #hashtag si è conclusa come si è conclusa, posso riprendere il filo del discorso dove l’avevo lasciato, cioè in una focacceria alla moda, in centro a Milano, in piena estate, sei mesi fa.
Tra le dita ho l’unto di una sedicente spianata tradizionale, in bocca il gusto anonimo della mia terza bionda alla spina. Ho la fronte imperlata di sudore. Ascolto. Cosa dovrei fare, del resto? Ascolto. E’ da quasi un’ora che ascolto Arturino mentre mi riassume, per così dire, i suoi successi come “operatore culturale”, sciorinando un vero e proprio elenco di conoscenze VIP. Ne va così fiero ed è così deliziato dall’opportunità di recitarmelo, da aver appena sbocconcellato i bordi della sua “focaccina Nostalgia” (con farina di kamut e olive della fattoria bio Conti Isimbardi di Uggiasco – IM). Il tempo passa, e in me cresce la consapevolezza che Arturino potrebbe essersi completamente dimenticato lo scopo del nostro appuntamento, cioè l’esposizione dei miei progetti di festival per l’estate 2014. Gente come lui per risvegliarsi all’ascolto, o almeno a una fugace attenzione verso l’altro-da-sé, ha bisogno di stimoli bruschi e un po’ abnormi. In altre parole, ti induce alla maleducazione. E così decido di rumoreggiare con lo stomaco. A bocca aperta. Senza mediazioni. E subito approfitto del breve stupore di Arturino, che lascia a mezzo un simpatico aneddoto rivelatore della sua amicizia con uno stra-cool regista video americano, per sbattergli sonoramente a fianco della focaccina i miei dodici fogli protocollo di densissimi appunti.
– Allora, puoi darci un’occhiata? Eh, amico? Ho bisogno di un aggancio.
L’operatore culturale, da vero uomo di mondo, non fa una piega. Si pulisce accuratamente le dita dalle briciole di kamut prima di sfogliare, con fare rapido e professionale, il mio manoscritto. Mormora, come tra sé, dei commenti quasi inintellegibili.
– Mmmm… Già visto… Già sentito… Già pensato… Già fatto… Uh, uh, questo l’ho già fatto io… Pensato io… Superato, superato. Indietro, indietro…
Poi alza lo sguardo, scuote la testa.
– Complimenti, davvero. Bellissime idee. Si vede che ci hai lavorato molto. Ma non si possono realizzare. E’ finito quel tempo.
– Quale tempo, Arturino?
– Quello dei festival che si fanno davvero.
– Ma se l’Italia strabocca di festival culturali…
– Residui. Ultimi sussulti d’un moribondo. Da’ retta a me, è finita. Non convengono più. Non si potranno più fare. L’avanguardia della cultura si è già spostata su un altro fronte. E adesso scusami, ma devo andare a un caffè di lavoro con il sindaco e i rappresentanti delle griffe d’alta moda.
Arturino fa per alzarsi, ma io:
– No!
Lo blocco con un grido. Mi guarda stranito.
– In nome della nostra antica amicizia, Arturino, dimmi: dov’è che si è spostata l’avanguardia della cultura?
– Mi spiace, davvero… E’ un’informazione riservata.
Stringo con forza il coltellino della focacceria, digrigno i denti.
– Ti prego, amico, fa’ un’eccezione per me… Non ti ricordi i bei tempi?… Antonelli e Lugaresi… Quante risate, nel cortile delle medie…
– Mi riempivate di botte.
– Per il tuo bene. Per farti crescere.
– E sono cresciuto, infatti. Ma voi?
– Sei un ingrato. Dimenticarsi degli amici nel momento del bisogno è molto brutto.
Arturino sospira. Si sporge sul tavolino, fulmineamente confidenziale, e mi sussurra:
– Annunci.
– Eh?
– Annunci. E’ l’ultimo trend. Tu non devi mica fare davvero un festival, o qualunque altra cosa. Lo annunci e basta. Poi fai partire una grande polemica su ‘sto festival, o qualunque altra cosa, un dibattito sui social, no?…
Pendo dalle sue labbra.
– Sì. E allora?
– Quando finisce il dibattito, tutti si sono dimenticati del festival, o di qualunque altra cosa, e tu non hai più bisogno di farlo davvero.
– Geniale! Ma… A pensarci bene… Questo modo di fare… E’ come il governo.
Arturino annuisce solenne.
– E funziona?
– Come il governo. E adesso scusa, ma devo proprio andare.
– Aspetta! E il contatto? E l’aggancio? Non puoi non darmi un contatto! Non puoi non darmi un aggancio!…
L’operatore culturale sorride col sorriso tronfio e silente che contiene e perpetua generazioni su generazioni di “di’ che ti mando io”, mentre alzandosi mi allunga tra indice e medio un biglietto da visita. Mentalmente leggo:
Dottoressa
Annelisabetta Farabene Ribatti
slanciata di sinistra
Vorrei chiedere ad Arturino che cos’è una “slanciata di sinistra”, ma lui già si sta avviando alla cassa e invece di salutarmi, butta lì passandomi accanto:
– Tu sei giovane, vero?
– Be’, insomma… Ho la tua stessa età…
– Quanto guadagni al mese?
Glielo dico.
– Sei giovane. Chiama la Ely.
E mi lascia lì, seduto a sudare davanti alla mia quarta bionda, a rigirarmi tra le dita quel biglietto da visita che – non posso saperlo, né tantomeno immaginarlo adesso – ben presto si trasformerà in un biglietto d’ingresso nel mondo torbido e spietato, nel vero e proprio girone infernale virtuale delle fabbriche clandestine di #hashtag.
(continua)