Scorciatoie
Manuale di successo per disperati
di Karma Changer Jr.
Quarto estratto gratuito
– Come hai trascorso l’estate, Karma Changer Jr.?
– Grazie per la domanda, davvero intelligente e di interesse generale. Non intendo sottrarmi al dovere di una risposta all’altezza. La mia estate è stata, nel complesso, un’opera d’arte concettuale, tutta incentrata su un unico concetto: NO ALL’INGIUSTIZIA.
– A quale ingiustizia ti riferisci, Karma Changer Jr.?
– Grazie per la domanda intelligente, però ora basta, non desidero essere più interrotto. Cosa stavo dicendo? Dicevo che in questo paese, che può a buon diritto fregiarsi del titolo di patria dell’ingiustizia, c’è solo l’imbarazzo della scelta, quanto a ingiustizie – basta leggere i giornali o farsi una passeggiata – ma a me ne interessa solo una. Che mi riguarda e mi ferisce profondamente. Perché nessuno mi invita mai a partecipare a un festival? L’Italia è piena di festival estivi improbabili, pretestuosi, sagre del http:\\/\\/renatogabrielli.ita a basso costo ove si esibiscono, o comunque danno segno della propria esistenza, schiere di ciarlatani molto più noiosi e inconsapevoli del qui presente K.C.J. Ho meditato alcuni anni su questa contraddizione inspiegabile e alla fine me la sono spiegata così: per essere invitati a un festival, bisogna far parte di un “giro”. E per fare parte di quel giro, cosa c’è di meglio che fondare un altro festival? Funziona tutto così del resto, in ogni ambiente: dai banchieri agli artisti circensi, domina ovunque una circolarità d’interessi ipnotica, suadente, cui alla fin fine è bello lasciarsi andare. Perciò – bando alle lamentele e al vittimismo! – mi sono messo costruttivamente al lavoro, stilando in quattro e quattr’otto una lista di progetti di festival per l’estate del 2014. Mio punto di riferimento, lume, irraggiungibile modello di vaghezza ammiccante e piaciona, è stato ovviamente il mitico Festival dell’Inquietudine di Finale Ligure. Ho riempito dodici fogli protocollo di densissimi appunti, che non riporto qui per timore di plagio. (Sul serio. Sto regalando già troppo, a voi spilorci lettori di questo manuale.) Riporto solo alcuni titoli, quelli di cui vado più fiero:
- Festival dell’Indifferenza
- Festival della Differenza
- Festival delle Allusioni Torbide
- Festival dell’Adulazione Inutile
- Festival degli Effetti Collaterali
- Festival della Menta
- Festival delle Mente
- Fstuval dl Rfuso
- Festival del Riciclaggio dei Pensieri Confusi
- Festival dell’Incoerenza (c’è già, sarà il prossimo congresso del P.D.: solo promuovendolo come bizzarro evento artistoide, si può ancora dargli una parvenza di senso)
- Festival del Silenzio Imbarazzato.
A questo punto, con cotanto bendidio di creatività già spalmato su carta, mi mancava un solo dettaglio, ma essenziale: un aggancio. Infatti, per definizione non si può entrare in un giro se non si conosce qualcuno del giro, e quel qualcuno è comunemente detto “l’aggancio”. E così mi sono ricordato di Arturino.
Arturino oggigiorno è un quotatissimo “operatore culturale” – qualunque cosa questi due termini messi assieme vogliano dire. Chi avrebbe mai previsto che sarebbe arrivato così in alto, ai bei tempi delle scuole medie inferiori, quando io e i miei goliardici compagni di banco Antonelli e Lugaresi eravamo soliti riempirlo di calci e scappellotti? Eppure forse era proprio quel quid che ora gli consente di contare qualcosa, di essere parte di un giro, a far prudere irresistibilmente le mani e le suole delle scarpe a noi tre piccoli (e quasi sempre innocui) buontemponi. Un quid indefinibile, ma che per analogia può far pensare a una ciliegina di ambizione dal nocciolo durissimo sopra a una torta di mediocrità stopposa e dolciastra. Comunque sia, tanta acqua è passata sotto i ponti e Arturino, nelle occasioni in cui ci siamo poi ritrovati, ha sempre fatto mostra di non ricordare quei fulminei pestaggi nel cortile delle medie. Non certo per magnanimità – s’intende – ma per la sua tendenza, consolidatasi nel tempo, a rimuovere dalla memoria qualsivoglia macchia, ferita, lesione all’ipertrofico ego. E perciò, quando l’ho raggiunto per telefono nel suo lussuoso ufficio in pieno centro, si è detto stupito, ma con letizia, della mia richiesta di un appuntamento; e me l’ha concesso seduta stante per il giorno dopo, in pausa pranzo, a cavallo di suoi improrogabili impegni con VIP, nel dehors di un’”antica focacceria” nuova di zecca.
(continua)