Va in scena oggi, nell’ambito del decimo Festival di Drammaturgia Europea di Santiago del Cile, una “lettura drammatizzata” della versione in spagnolo di Salviamo i bambini, un mio testo che, commissionato dai teatri del Premio ExtraCandoni, ha debuttato a Udine nel 2006 con la regia di Sabrina Sinatti. Vi si immagina una ricca signora italiana che si rivolge via webcam a un bambino adottato a distanza, disturbata nel suo monologo sentimentale dall’apparizione di figure grottesche che la riportano via via all’arido egoismo del suo agire quotidiano. Lo spettacolo – per usare un eufemismo – non è stato un grande successo; ripensandoci ora, credo di essermi troppo affezionato all’idea strutturale del monologo alla webcam, che, non reggendo la complessità della storia che volevo raccontare, mi ha indotto a forzature e schematismi. Ciò succede spesso quando si costruiscono i testi su strutture in apparenza originali, ma che nel corso della stesura si rivelano rigide e riducono il margine di manovra nello sviluppo della trama e lo spazio creativo. Ma forse, chissà, il problema del Salviamo i bambini italiano non era proprio, o soltanto, quello. Mi piacerebbe assistere alla lettura curata oggi da Alejandra Moffat, perché probabilmente uno sguardo nuovo, da un paese lontano, illuminerà altri aspetti di quel lavoro. Il programma del Festival include numerose letture e mise-en-espace di autori francesi, tedeschi, svizzeri, spagnoli e italiani (oltre a Salviamo i bambini, verrà presentato Per il bene di tutti di Francesco Randazzo); di particolare interesse il versante teorico, con la lezione magistrale di Hans-Thies Lehmann e i successivi seminari.