Giovedì 1 dicembre, dalle 12.30 alle 14.30, verrà presentato alla Terrazza Martini in Piazza Diaz a Milano il volume Milano, città e spettacolo – teatro danza musica cinema e dintorni, edito da A.I.M. e curato da Antonio Calbi. Il libro contiene numerosi interventi critici e testimonianze di artisti e operatori culturali milanesi. Si può già leggere su ateatro uno stimolante saggio scritto per l’occasione da Oliviero Ponte di Pino: “Milano, città senza avanguardia teatrale“.
Qui sotto riporto il mio breve contributo al volume.
Siccome a Milano sono nato e ci abito con una certa continuità da circa quarantacinque anni, ho sempre cercato di occuparmene il meno possibile. A un piccolo borghese timido e sedentario, la scrittura offre la chance più accessibile e (ingannevolmente) rassicurante di viaggiare. Dato che ero chi ero, tentavo almeno di non essere dov’ero. Ho tuttavia fatto un’eccezione, intorno al 2000, quando Antonio Calbi mi ha commissionato un testo breve per la “Maratona di Milano”. Era il monologo di un imprenditore alla deriva, che perfino nella mezz’ora che precede il suicidio si dimostra incapace di ignorare lo squillo del suo cellulare ultimo modello. Curiosamente, dopo la “Maratona” Qualcosa trilla non è stato ripreso a Milano, mentre la sua traduzione in inglese a cura di Maggie Rose ha avuto un inatteso successo a Edimburgo e in altre città britanniche. Sarà stato perché l’alienazione di quel personaggio milanese poteva facilmente rimandare a quella di analoghi tipi metropolitani di lassù. Comunque, a più di dieci anni di distanza, penso che quel mio testo fosse un ricamo di personali idiosincrasie intorno a un’immagine di Milano-città-da-bere (stressante, superficiale e conformista) che già allora stava perdendo d’attualità.
Oggi mi sento più sereno rispetto a questa città, e forse un po’ più obiettivo. Sul suo ambiente culturale – l’unico di cui ho una buona conoscenza diretta – posso testimoniare che è piuttosto serio e operoso. Milano, malgrado la riduzione di risorse degli ultimi anni, eccelle nell’acquisto e ospitalità di spettacoli, concerti, mostre ed eventi vari; ha numerosi spazi artistici, piccoli e grandi, molto ben gestiti. Credo tuttavia che in Italia questo sia il posto migliore per “consumare” cultura, ma non per produrla. In teatro, per esempio, alla forte concorrenza (caratteristica locale) si sovrappone lo scarso ricambio nei posti di potere (caratteristica nazionale), rendendo la vita difficile ai piccoli gruppi di qualità e, ancora di più, agli artisti-“cani sciolti”. Si tende ad attribuire alle istituzioni pubbliche tutta la responsabilità di questo scarso dinamismo, che però è reso possibile dalla mentalità conservatrice di noi teatranti, tanto più radicata – lo sappiamo – quanto più si ammanta di una sincera retorica progressista. I conflitti interni al nostro ambiente rimangono sottotraccia, borbottati, in un’armonia apparente sospesa tra buonsenso ambrosiano e tirare-a-campare. La gerontocrazia perfetta, del resto, è quella in cui i giovani sognano di invecchiare presto.
Se non vogliamo trasformarci una volta per tutte in artigiani specializzati nella manutenzione della falsa coscienza, dobbiamo ridare a Milano e alla sua vita culturale entusiasmo, trasparenza e un po’ di sana crudeltà.