(dal “Dossier Teatro inglese 2.0″ su “Hystrio” n.2/2014)
Per fare il punto sull’insegnamento della scrittura teatrale in Inghilterra, abbiamo interpellato Steve Waters, affermato drammaturgo (ricordiamo qui almeno il suo dittico sul cambiamento climatico The Contingency Plan, presentato al Bush Theatre di Londra nel 2009) e docente alla University of East Anglia. Waters è di recente stato nel nostro paese, guidando insieme a Caroline Jester un laboratorio di scrittura nell’ambito del progetto Short Latitudes. Il suo resoconto, in un post sul “Guardian”, di un dibattito svoltosi a Bari sulle differenze tra le culture teatrali inglese e italiana, culminava in questa sintesi desolante della nostra situazione:
<<Coloro che immaginano il teatro europeo sommerso di sovvenzioni e finanziamenti rimarrebbero sconvolti a sentir parlare questi scrittori, le cui condizioni ricordano più quelle dei loro omologhi nella commedia dell’arte, perennemente nomadi e indigenti, piuttosto che quelle di indolenti artisti elitari che sopravvivono alle spese dello stato. Più per necessità economica che per scelta, bisogna essere contemporaneamente scrittori, attori e registi. Si è costretti dai finanziamenti limitati a lavorare in gruppo, piuttosto che per una vera scelta artistica. Nel frattempo, diversamente dall’Inghilterra, i giovani scrittori fanno per lungo tempo la parte degli apprendisti all’ombra dei colleghi più anziani. E la cruda verità è che la scrittura non è mai prevista nei budget come attività da finanziare in quanto tale>>.
Semplificazioni giornalistiche a parte, è indubbio che alla professione di autore teatrale nel Regno Unito si associno un’autonomia e un riconoscimento sociale che qui possono legittimamente suscitare invidia. Ciò si deve al fenomeno, anche commerciale, del new writing, sostenuto dall’interesse del pubblico e da cospicui finanziamenti statali, con importanti teatri specializzati in drammaturgia contemporanea e dediti alla ricerca (talora perfino esasperata) di nuovi talenti. In parallelo al crescente successo del new writing, a partire dalla fine degli anni ottanta l’insegnamento della scrittura teatrale si è diffuso a macchia d’olio. Steve Waters ci informa però che – in tempi di tagli alla cultura che non risparmiano nemmeno l’Inghilterra – qualche nube si addensa all’orizzonte:
<<C’è moltissima attività formativa a livello universitario – in effetti direi un po’ troppa, anzi sicuramente troppa rispetto alla quantità di drammaturghi che possono vivere di questo lavoro dopo l’università. Io ho studiato per ottenere il Master of Arts (laurea di secondo grado) in Playwriting all’Università di Birmingham nel 1992 (insieme a Sarah Kane!). David Edgar aveva fondato quel corso, allora unico, solo tre anni prima; dal 2006 al 2011 ho avuto il privilegio di dirigerlo io stesso. Nel frattempo, molti altri corsi sono stati avviati, sia a livello di base che di perfezionamento, oltre a numerosi programmi didattici per giovani autori di teatri dedicati al new writing, come il Royal Court e il Soho. Attualmente incoraggiamo gli studenti anche a conseguire PhD (dottorati) in Playwriting. Sono un po’ ipocrita, suppongo, perché amo insegnare e incontrare nuovi scrittori emergenti, ma mi preoccupa il fatto che stiamo “sovra-producendo” drammaturghi in un clima sempre più difficile; per non parlare delle tasse universitarie, che negli ultimi anni sono salite alle stelle.>>
L’insegnamento della scrittura creativa è un secondo mestiere per diversi importanti autori teatrali anglosassoni. Ma chi sono i maestri e colleghi che più hanno influenzato Steve Waters?
<<Be’, naturalmente David Edgar, che è stato mio insegnante e guida ed è tuttora per me fonte d’ispirazione; il mio amico Timberlake Wertenbaker, che ora insegna come me all’University of East Anglia; drammaturghi come Trevor Griffiths, Howard Brenton, Sarah Kane; ho collaborato parecchio con David Eldridge, che è bravissimo a galvanizzare scrittori. Stephen Jeffreys è uno dei migliori pensatori sulla scrittura teatrale che io abbia mai conosciuto. Credo che Simon Stephens sia un ottimo insegnante; lo ammiro, anche se non l’ho mai visto direttamente all’opera. Il drammaturgo australiano Antony Weigh mi ha fatto scoprire molte idee meno naturalistiche delle nostre, che vengono dall’America – la pedagogia di Erik Ehn, per esempio>>.
A proposito di idee e tendenze, abbiamo chiesto a Waters quali siano le scuole di pensiero dominanti nell’attuale panorama della pedagogia drammaturgica anglosassone; e come lui stesso si collochi in tale contesto.
<<Penso che siamo divisi in due specie di comunità – una (la mia, suppongo) che ricorre alla nozione che un testo teatrale vada compreso e ammirato, piuttosto che soppiantato; e l’altra che dà preminenza alla “performance” sul testo – approccio che pure trovo interessante, ma che a mio avviso sottovaluta il grande mistero di ogni pièce che funziona. Il modo di lavorare di David Edgar è più cerebrale del mio – io sono interessato alla natura organica della creatività. Ciò che vedo troppo spesso, e a cui mi oppongo con forza, sono modelli di sviluppo del testo “guidati dal produttore”, che vengono dal cinema e dalla televisione, dove l’idea del dramma dev’essere definita in anticipo rispetto alla stesura di scene e dialoghi, attraverso soggetti, trattamenti, ecc. Posso vederci del buon senso, ma mi oppongo all’idea che il testo teatrale debba emergere da un piano preconcetto>>.
La visione “organica” della scrittura teatrale di Waters è compiutamente espressa nel suo stimolante The Secret Life of Plays (Nick Hern Books, 2010): più che un manuale, un viaggio nel processo di creazione drammaturgica in cui si collegano approfondimenti analitici a concreti suggerimenti. Anche nella letteratura di settore gli ultimi due decenni hanno visto in ambito anglosassone una forte espansione. In un saggio sulla “Contemporary Theatre Review”, Waters stigmatizza il contagio dall’ambito cinematografico a quello teatrale di una manualistica prescrittiva ispirata a interpretazioni semplificate della Poetica di Aristotele e della teoria degli archetipi junghiana. Ma non mancano volumi che presentano aspetti apprezzabili, dal brillante The Crafty Art of Playmaking di Alan Ayckbourn all’accademico The Art of Writing Drama: Theory and Practice di Michelene Wandor, dall’anti-manuale The NO RULES Handbook for Writers di Lisa Goodman a un lavoro destinato all’insegnamento della drammaturgia nelle scuole, Playwriting Across the Curriculum di Caroline Jester e Claire Stoneman. Il libro più importante uscito negli ultimi anni, cui Waters rende omaggio pur distanziandosi dalla sua impostazione, è però senz’altro How Plays Work (Nick Hern Books, 2009) del suo maestro David Edgar. L’attenzione prevalente gli aspetti strutturali del dramma nel lavoro di Edgar si basa su un’idea di supremazia della trama, che il suo allievo contrasta privilegiando invece la caratterizzazione attiva dei personaggi, la retorica nascosta nei dialoghi, il lavoro dei simboli nella creazione di un impatto emotivo. In conclusione, Waters ha così risposto alla nostra domanda su come le sue attività di drammaturgo e d’insegnante s’influenzino a vicenda:
<<Be’, per esempio di recente ho esplorato come insegnante quella che chiamo radical dramaturgy, che è un tentativo di reinserire la scrittura in alcuni approcci post-drammatici al teatro – opere site-specific, solo plays, forme di resistenza al naturalismo – e ciò ha direttamente influenzato il mio lavoro di scrittore. Ma il più delle volte cerco di tenere le due cose separate, finché magari mi tocca diagnosticare che cos’è che non funziona in una pièce che sto scrivendo. Ma troverei molto difficile insegnare la scrittura, se non la praticassi… E’ da questa pratica che vengono le mie intuizioni e la mia cautela su come emerge il lavoro degli studenti. Da scrittore, so quanto possa essere fragile quel processo>>.
E dopo l’università, come prosegue la sua relazione con gli studenti?
<<Come ho detto prima, i tagli alle sovvenzioni nel Regno Unito hanno un certo impatto sul movimento dal sistema educativo a teatro, TV, ecc. – ma gli studenti bravi ce la fanno, e io cerco sempre di tenerli aggiornati su possibilità e opportunità. I miei vecchi studenti sono in circolazione – sono i miei rivali!>>