– Silenzio.

– C’è davvero silenzio.

– Finalmente.

– Non ci posso credere.

– Del resto, è per questo /

– Per il /

– Che siamo venuti fino a qui /

– Nascostamente /

– Cautamente /

– Silenziosamente, affinché non se ne accorgesse nessuno, non ci seguisse nessuno /

– Cosa? Qualcuno ci ha seguito?

– No – ma chi l’ha detto?

– Ascolta!

– Non c’è niente da ascoltare, qui si viene apposta per stare zitti.

– Eppure, se ci ha seguito qualcuno… Voglio dire, qualcuno che proprio non ne vuol sapere di stare zitto, sì, quel qualcuno da cui stiamo fuggendo /

– Il chiacchierone?

– Uno dei tanti.

– Diciamo il chiacchierone sovranista.

– Ma no, ma no, non c’è pericolo, il sovranista non ci seguirebbe mai in un ambiente come questo, così spirituale – siamo al sicuro.

– Se lo dici tu.

– Sì, lo dico io /

– Ma perché non state un po’ zitti? Siamo qui per il silenzio.

– Okay.

– Okay.

Difendiamo le frontiere.

– Eh?

– Cos’hai detto?

– Io non ho detto niente.

– Ma io l’ho sentito, che qualcuno ha detto: Difendiamo le frontiere. Difendiamo l’identità.

– Oh, no! Allora ci ha seguito fin qui, allora è tra noi il sovranista /

– Chiacchierone /

– E non è solo. Non viene mai da solo, quello là, si porta sempre dietro il suo compare /

– Globalista /

– Oppure è il suo compare che si porta dietro lui, non vengono mai da soli, i chiacchieroni, se no come potrebbero chiacchierare, chiacchierare a più strati, con una voce che si sovrappone all’altra, senza tregua e senza senso?

– Mi viene già il mal di testa solo a pensarci… Il sovranista e il globalista sono i peggiori.

– Scusa, ma se permetti non sono d’accordo. Vuoi mettere con il milanista e l’interista?

– Ma no, ma no, quei due fanno molto chiasso, ma l’oggetto del contendere è superficiale.

– L’oggetto del contendere non conta nulla, quel che conta è chiacchierare, anzi, più piccolo è l’oggetto più la chiacchiera cresce, esponenziale, tumorale, altrimenti come si spiega il fenomeno dei quattro esperti di cucina?…

– No! I quattro esperti no!… Quelli là possono riempirci la testa per ore di bisticci su assurde ricette.

– Eppure è così. Sono già qui tra noi anche loro, gli esperti di cucina, in questo sereno e finora silenzioso spiazzo verde fuori dal monastero buddista, insieme agli esperti e non esperti di virus, di guerra, di investimenti, di auto, di fitness, di sesso, di giardinaggio /

– Insomma, non abbiamo scampo. Perfino qui, siamo circondati dai chiacchieroni.

– Eh, già.

– Un momento, però. Tu hai detto chiacchieroni. Con la “i” in fondo.

– Sì, perché?

– E le donne?

– In che senso?

– Intendevi dire che i chiacchieroni sono solo maschi?

– Oppure hai rifilato La “i” finale anche alle chiacchierone femmine?

– Rispondi!

– E cosa ne vuoi fare dei/delle chiacchieroni/e che non si definiscono né maschi, né femmine?

– Niente. Perché – lo confesso, anzi lo affermo, anzi lo rivendico: io sono contro l’asterisco.

– Ma come? Parliamone. Io sono a favore dell’asterisco. Ma contro lo schwa.

– Io sono a favore dello schwa e dell’asterisco.

– Io sono contro la punteggiatura e per il gender.

– Sì, ma il gender non ha punteggiatura.

– Ti sbagli! È la punteggiatura del gender che non ha lo schwa, ha l’asterisco, punto /

– E basta!

– Sì, basta chiacchiere, cerchiamo rifugio nella sala di meditazione, lì c’è il maestro buddista, lui ci potrà salvare, lui ci darà il silenzio.

Mi siedo per terra nella grande sala, a gambe conserte, in una postura simile a quella di tutti gli altri, ma che a me provoca un gran dolore. Male alle cosce, male al fondoschiena. Attorno a me ci sono decine di persone attente, concentrate, silenziose – e anch’io lo sembro. Ho detto addio ai chiacchieroni prima di venire qui, ma so benissimo che mi hanno seguito; anzi, che me li porto dentro. Male alle spalle, nuca paralizzata. Un suono di gong o di campana. Là in fondo il maestro buddista comincia a parlare. Dice – mi pare – cose sagge. Finché non le dice più. La sua voce si distorce, sembra provenire da un televisore; la sua faccia s’ingrandisce come in un primo piano e non è più la sua. Colgo solo frammenti, volgari e demenziali, di un discorso senza capo né coda. Mi pare di aver sentito: Difendiamo le frontiere. Mal di testa. Difendiamo l’identità. Ma sì, è lui, è diventato lui, riconosco la faccia bolsa e violenta del chiacchierone sovranista. Mi pulsano le tempie, mentre si sdoppia la voce del chiacchierone, la bocca gli si allarga a dismisura e ne escono due lingue, poi tre, quattro, cinque. Ha più teste ormai, con un’infinità d’occhi, iniettati d’odio e presunzione. Mi ronzano le orecchie, mi si sbatte il cuore in gola. Ogni lingua di quel demone buddista vuole avere ragione, ogni voce si sovrappone all’altra e poi all’altra, generando un fracasso infernale. Sciolgo le gambe dalla falsa postura orientale, mi alzo barcollando, avanzo verso il mostro con atteggiamento di sfida, pur sapendo che il pericolo è mortale, ma l’importante è farla finita: o la Grande Chiacchiera o io. O io, o la Grande Chiacchiera. Suona di nuovo il gong, o la campana. Il mostro è scomparso. Mi rigiro la lingua, le lingue in bocca. Non c’è via di scampo. Io sono lui, lei, loro e ricomincio a parlare.