La materia non è nuova, e dunque ben s’adatta al genere della commedia: l’intramontabile Famiglia italiana, agglutinata come sempre, ma con un sovrappiù di disperata impotenza, intorno alla Madre. Quasi a far da contrappunto all’agrodolce Happy Family di Alessandro Genovesi, romanzo teatrale di grande successo che ora torna all’Elfo dopo l’adattamento cinematografico curato da Salvatores, nell’agro-e-basta Fine famiglia di Magda Barile (in scena al Pim di Milano fino a lunedì 10) un classico quartetto di madre-padre-figlio-figlia sciorina il suo allucinato repertorio di reciproche perfidie e ostinate auto-commiserazioni. Ne è pretesto una festa natalizia che vorrebbe essere anche una festa d’addio; vorrebbe, ma non può – perché al potere glicemico della Madre, rappresentato dalla sua fatale Torta, nessuno sfugge. Come in altri testi di Magda (Lait, Piombo), però, non è la trama a contare davvero: data la cornice di una situazione paradossale, si attraversano una serie di variazioni sul tema, con un andamento più musicale che narrativo. I suoi personaggi sono silhouette il cui contorno è definito da ossessioni pseudo-erotiche, ghiribizzi nevrotici, comiche fobie; spesso capaci, nel contorcersi e frantumarsi di un linguaggio solo in apparenza quotidiano, d’illuminare con squarci di improvvisa consapevolezza il proprio stesso vuoto. Queste delicate partiture verbali lasciano ai registi che le mettono in scena un’impegnativa libertà. Qui Aldo Cassano di Animanera si muove con intelligenza tra suggestioni di sapore buñueliano e trovate pop, ben supportato nel suo disegno dagli ottimi Matteo Barbè, Natascia Curci, Nicola Stravalaci e Debora Zuin. Uno spettacolo, a suo modo, edificante. Una piccola vendetta italiana contro la Famiglia, che ovviamente ne uscirà più forte di prima – fino alla prossima commedia.