PREMESSA  Questo breve dramma si iscrive a pieno titolo in un orizzonte teatrale postdrammatico – qualunque cosa ciò voglia dire. I suoi apparenti difetti (quanto a coerenza, consequenzialità, organicità, completezza, senso) vanno dunque considerati grandi pregi.

In uno spazio scenico astratto, ma dotato di due sedie concrete, ci sono A e B, figure il cui sesso è indifferente e le restanti caratteristiche umane indefinite – a parte il fatto che non sono giovani. Stanno già parlando.

A –  E dunque anche tu /

B –  Anch’io. La stessa sensazione.

A –  Ci dev’essere un motivo.

B –  Eh? Per cosa?

A –  Dico, ci dev’essere un motivo, se abbiamo la stessa sensazione di… Di…

B –  E’ nell’aria.

A –  Di svolta.

B –  Di svolta culturale.

A –  Certo, certo, perché è solo dalla cultura può venire una svolta /

B –  Da questa crisi /

A –  Perché è chiaro che più in basso di così /

B –  Più in basso di così!

A –  Non possiamo finire, non riesco nemmeno a immaginarlo. Tu riesci a immaginarlo?

Silenzio. A e B si voltano verso il pubblico, con i volti contratti dai loro sforzi d’immaginazione. Questo silenzio può variare dai pochi secondi ad alcune ore. A e B infatti lo interromperanno solo in presenza di una reazione, di qualunque tipo, da parte di almeno uno spettatore. A quel punto, B riprenderà la conversazione, come se http:\\/\\/renatogabrielli.ita di strano fosse successo.

B –  No. Non ci riesco.

A –  E dunque facciamo cultura!

B –  Sìììììììììì!

A –  Ma non al solito modo, non come prima /

B –  Sarà cultura di svolta! Me lo sento, è il momento. Ho già delle idee, diciamo degli spunti.

A –  Per esempio?

B –  Non sono proprio degli spunti, è come un’energia.

A –  Sì, anch’io mi sento un’energia pazzesca, mi viene da spaccare tutto, o almeno da fare la rivoluzione!

B –  Che bella parola.

A –  Cosa?

B –  Rivoluzione. Ma non-violenta.

A –  Eh, certo! Rivoluzione culturale.

Silenzio.

A –  E allora?

B –  Ordiniamo una pizza?

A –  No, voglio dire /

B –  Mi è venuta fame /

A –  Voglio dire, qual è il primo passo? Cosa facciamo, per cominciare?

B –  E’ chiaro. Per me una napoli, e tu?

A –  Una braccio di ferro. Ma è chiaro / cosa?

B –  Mettiamo su una fondazione.

A –  Una fondazione – di già? Ma se non sappiamo nemmeno /

B –  Tutti, prima o poi, mettono su una fondazione. Anche i rivoluzionari. I reazionari ne hanno già parecchie. I moderati… Insomma, è inutile girarci intorno, per fare cultura una fondazione ci vuole, tanto vale pensarci adesso.

A –  Ma perché?

B –  Uffa. Devo sempre spiegarti tutto.

Dalla graticcia cala un mazzo di carte. B lo prende. Ne estrae tre a caso.

B –  Allora, in una fondazione ci sono il pubblico… (Mostra una carta.) Il privato… (Mostra un’altra carta.) E volendo anche il comune, quello del bene comune. (Mostra la terza carta.)  Dammi cinquanta euro.

A –  No!

B –  E’ solo un gioco.

A allunga a B una banconota. B la mette sotto a una delle tre carte, poi si mette a scambiarle tra di loro rapidissimamente.

B –  Dove sono i soldi?

A indica una carta. Sotto non c’è niente.

B –  Hai perso.

A –  La fondazione mi ha fregato!

B –  Ma ti ha insegnato qualcosa.

A –  Che non devo darti mai più cinquanta euro?

B –  Anche questa è cultura.

A –  Okay, mi hai convinto. Mettiamo su una fondazione.

B –  Dai!

A –  E come la chiamiamo?

B –  Mah… Non so… Fondazione Cultura?… Amore Cultura?… Ecco: Valore Cultura.

A –  No, no, è un nome idiota, non vuol dire niente, e poi mi pare di averlo già sentito.

B –  Hai ragione… Ma come facciamo? Il nome è la cosa più importante, abbiamo bisogno di un consiglio, da parte di un vero esperto della cultura… Ma certo!

A –  Cosa?

B –  Come ho fatto a non pensarci prima? Dobbiamo rivolgerci a C.

A –  A C?!… A C?!… A C?!…

B –  Sì, perché?

A –  Ma lo sai che C è di quel partito?

B –  E cosa c’è di male? Sì, quel partito è un po’ deludente, ha qualche contraddizione, ma in fondo è sempre stato un punto di riferimento per noi gente di cultura…

A –  Non per me! Non per me!…

A si aggira nello spazio astratto, sferrando calci a mobili immaginari.

A –  Quel partito, con lo stagno pullulante di zanzare che gli sta intorno sotto il falso nome di società civile, è sempre stato il peggior nemico della cultura di questo paese, perché ne ha soffocato la lingua sotto la cappa della sua insopportabile ipocrisia!

B –  Vero, vero… Lo sappiamo da un pezzo, però lo votiamo lo stesso, l’hai votato anche tu, no?

A –  Sì, ma solo perché ci proteggesse da quell’altro partito…

B –  E non lo sta facendo?

A –  Ci governa assieme!

B –  E’ per il nostro bene. E comunque, guarda che C è una brava persona…

A –  Cosa c’entra?

B –  E poi mi ha detto che vuole cambiare quel partito dall’interno.

A si volta di scatto verso il pubblico, rompe la quarta parete e urla come un indemoniato.

A –  No! Cambiarequelpartitodallinternonoooooooooooooooooooo!…

Per via della preparazione fisica di stampo grotowskiano impartitagli decenni prima, A sostiene l’urlo prolungato per un’enormità di secondi. Poi però crolla a terra, stroncato da un malore. A scanso di guai, B se la svigna dal teatro. In sala purtroppo non si trova un medico, ma soltanto un critico, il quale, risvegliatosi dal torpore, scavalca il corpo esanime di A e occupa il centro dello spazio scenico. Tra lo stupore generale, approfitta dell’occasione per dar vita a un piccolo spettacolo, una riscrittura di Finnegans Wake che ha sempre sognato di declamare. Il pubblico pagante, quello che ha resistito fin qui, con discrezione e rispetto, silenziosamente, si allontana dalla sala. Seguono fino in fondo la performance del critico solo alcuni addetti ai lavori, teatranti da lui recensiti che alla fine gli tributano un applauso scrosciante e gli si accalcano intorno per essere i primi a fargli dei sinceri complimenti. La competizione nell’entusiasmo degenera in rissa. Un pompiere lì presente per requisiti di sicurezza calma gli animi inondando il critico e gli addetti ai lavori col getto di un idrante. Buio. Luce. Il teatro ora è vuoto. Qualcuno bussa sempre più forte, disperatamente, a una delle porte. E’ il pizzaiolo.

Questo dramma culturale potrebbe finire qui, se non fosse che manca il pezzo più commovente: il monologo di narrazione di C, colui-che-vuole-cambiare-quel-partito-dall’interno. Ci è giunta voce che verrà programmato a sorpresa, in quanto grande evento, da un importante teatro della nostra città – ovviamente gestito da una fondazione. Vi terremo aggiornati.