Altri cassetti
Sono molto sottili e capienti fino all’inverosimile. Ogni giorno ne scopro qualcuno; certi giorni, ogni ora. Altre volte me ne dimentico, ma non per questo cessano di custodire tracce, segni, schegge di vita solo mia, soprattutto del corpo. C’è quello delle unghie, per esempio, ma è solo una curiosità, non l’ho aperto più di una volta, né per più di qualche secondo. Altri sono così pieni di polvere che mi viene il sospetto che proprio a questo siano destinati – alla polvere. Al di là dello specchio, nell’armadietto del bagno, ce n’è di trasparenti, uno dietro all’altro, stipati di migliaia d’immagini riflesse, facce su facce a dismisura. Il contenuto dei cassetti è sempre imbarazzante, ma per fortuna non interessa a nessuno. Comunque ho solo io la password che in automatico li apre e li chiude, corrispondente all’impronta del mio respiro. Il massimo disagio mi deriva dagli appunti. C’è da non crederci – che siano così tanti gli appunti che con ogni evidenza ho scritto in vita mia. Appunti su fogli sparsi, poi raggruppati in faldoni. Appunti su taccuini, quaderni, margini di libro. Sul retro di scontrini, di stampe in sovrannumero, di etichette. Che bisogno c’era di prendere tutti questi appunti? Non me ne ricordo e quando li rileggo mi viene voglia solo di buttarli; ma non lo faccio; sarebbe inutile, tanto quanto cercare di rimetterli in ordine. Altri cassetti ancora sono piccoli forzieri assurdi, imboscati dietro a pannelli di finto mogano o dentro a sordi, patetici controsoffitti, con il loro grottesco tesoretto di monete straniere fuori corso, denti da latte, squame di vecchia pelle, vecchi biglietti del tram, biglietti di teatro, biglietti di concerti, biglie da spiaggia con figurine di ciclisti, briciole di fiori secchi, bigiotteria dimenticata. Ovunque nella casa si aprono ferite rettangolari senza sangue, profonde, funzionali (ma non si sa a cosa) e con pratiche maniglie. Mi piace o conforta immaginare che un’intelligenza superiore, o laterale, comunque non mia presieda all’organizzazione dei cassetti. L’idea che, per così dire, fermentino a caso mi disturba. Di notte sotto il materasso avverto i loro piccoli scatti di apertura, di chiusura, di scorrimento avuoto su cardini di sogno. Sbatto la faccia contro un’anta di metallo grigio; mi sveglio; ero già sveglio nel silenzio furente della casa.