Una nuova avventura di Ferdy

 Mi dimetto, dice Ferdy, e questa volta irrevocabilmente, ripete tra i denti e assapora l’avverbio, irrevocabilmente, sedici lettere, lungo ma ficcante e indispensabile, poco più di un decimo del tweet con cui annuncerà le sue dimissioni, sì perché questa volta le annuncerà con un tweet, cui farà seguito un più articolato post, cui farà seguito un approfondito articolo, o un’intervista a tutta pagina su quotidiano nazionale, o entrambe le cose, perché no, cui farà seguito, più avanti, con calma, con calma, magari un libro, un intero libro dedicato ai complessi motivi delle sue semplici, semplicissime, immediate dimissioni

Solleva lo sguardo dallo schermo, intorno si è fatto buio, è rimasto solo nel suo ufficio, con la sensazione che qualcuno dovesse portargli del caffè, che qualcuno avesse promesso di portargli un caffè, un collega?, un assistente?, non esclude che gliel’abbiano portato ore fa e che immerso com’era nell’idea delle sue dimissioni nemmeno se ne sia accorto e che ora giaccia freddo e imbevibile, quel caffè, in un angolo oscuro, su un ripiano dimenticato della stanza in cui si trova e che forse, anzi probabilmente è il suo ufficio

Non riconosce la città fuori dalla finestra, al buio sono tutte uguali, o comunque si assomigliano con le loro luci artificiali, segnali del brulicare indaffarato di gente che non sa, non può sapere che cosa passa per la testa di Ferdy, ma lo saprà molto presto, tramite un tweet, cui farà seguito un post, eccetera, e sobbalzerà di stupore, uno stupore tutto condito d’ammirazione per la coerenza del suo gesto, ripensandoci troverà logico e naturale che Ferdy si sia dimesso, ma straordinario che solo lui, tra i cento e mille altri nelle sue stesse condizioni e anche peggio, abbia avuto il coraggio, no, l’integrità, no, l’elementare onestà intellettuale di trarre le conseguenze da certe premesse, quali premesse?, le solite premesse insomma, così non si poteva andare avanti, e infatti lui non andrà avanti

Si chiede però che fine abbia fatto l’assistente, dopo avergli portato quel caffè, ora ricorda che non era una collega, o un collega, ma un’assistente, la sua assistente, avrebbe dovuto chiederle di rimanere fuori orario, date le drammatiche eccezionali circostanze, nell’imminenza delle sue dimissioni, forse in effetti gliel’aveva chiesto, con questo bel risultato, se n’era andata da ore, adducendo impegni indifferibili benché irrilevanti, tutte uguali le assistenti, ne aveva cambiate quattro o cinque durante il suo mandato, le assistenti!, le assistenti!, quando non servono ci sono, quando servono, o servirebbero, se ne sono già andate da un pezzo, irreperibili, svanite, come questa Anna, o Marina

Si chiama Marina, questa, ne è quasi sicuro, ne ha memorizzato il nome perché gli pareva che fosse diversa dalle altre, stupida illusione a causa della quale le ha affidato i suoi pensieri più preziosi, riflessioni per così dire a ruota libera, un flusso di coscienza durato almeno tre o quattro ore, mentre lei prendeva appunti e portava caffè, concentrata, professionale, elastica e versatile, in apparenza, riusciva a prendere appunti portando caffè, a portare caffè prendendo appunti, una cosa mai vista, sicché Ferdy si è lasciato andare al flusso senza la minima preoccupazione che qualcosa andasse perduto, qualcosa di essenziale, ma dov’è ora quel caffè?, dove sono gli appunti?, tutto svanito assieme a Marina, la sua visione del mondo era negli appunti, il perché delle sue dimissioni era negli appunti, dimissioni da cosa?, da cosa si stava dimettendo?, anche quello stava scritto negli appunti

Ispeziona l’ufficio per la decima, per la ventesima volta, nessuna traccia degli appunti, per non parlare del caffè, anzi a ogni nuova disperata ispezione di scaffali, ante, schedari e cassetti perde fiducia e si confonde, non riconosce più l’ufficio, non è sicuro che sia proprio il suo, potrebbe essere un ufficio in cui lavorava cinque o dieci anni fa, o in cui andrà a lavorare tra due o tre mesi, quest’incertezza gli dà le vertigini, barcolla, per non scivolare a terra fissa lo sguardo sullo schermo, ancora, ancora, finché non gli viene in mente, ma certo!

Che idiota

Quella là, Silvia, l’assistente, o Martina, insomma, mica li prendeva su carta, gli appunti, ma sullo schermo, e dunque è lì che Ferdy li deve cercare, sullo schermo, sempre che lei li abbia salvati, dove li avrà salvati?, in quale cartella?, sullo schermo ci sono troppe cartelle, tutte con denominazioni in inglese simili tra loro e incomprensibili, sarebbe stato molto più semplice crearne una sola e intitolarla “appunti”, ma pazienza, ciascuno ha il suo metodo, l’importante è centrare l’obiettivo, cioè ritrovare gli appunti, ritrovare gli appunti, cominciamo da una cartella a caso, pensa Ferdy e clicca su una cartella a caso, che si rivela piena di troppi file tutti con denominazioni in inglese simili tra loro e incomprensibili, dunque per coerenza clicca su un file a caso, da cui subito salta fuori una rana, intesa ovviamente come il meme di una rana, si tratta per la precisione di un grosso ranocchio verde con chiazze gialle, molto brutto, che ogni dodici secondi balza come fuori dallo schermo, verso gli occhi sbarrati di Ferdy, gracidando una battuta incomprensibile, forse in inglese, e non ne vuol sapere di tornare nella sua palude di meme, così come il suo file non ne vuol sapere di farsi chiudere da Ferdy, che clicca, clicca e clicca, e urla e urla e urla, chiudi! chiudi! chiudi!, sudato, stravolto, fuori di sé, DEVI MORIRE RANOCCHIO DI MERDA

È passato inutilmente del tempo e Ferdy si è accucciato per terra, in un angolo scomodo e freddo dell’ufficio forse non suo, serrando le ginocchia contro il petto, respirando a fondo, contando i respiri per cercare di calmarsi, perché deve calmarsi a tutti i costi e anche senza appunti o caffè formulare al più presto il suo tweet di dimissioni, per mandarlo nel mondo entro mezz’ora, entro venti, dieci minuti, più tardi sarebbe troppo tardi, il mondo non aspetta, nelle dimissioni la tempistica è tutto, se sbaglio i tempi del tweet tanto vale che non mi dimetta, riflette Ferdy, e sarebbe una brutta figura, un’umiliazione

Inutile perdersi in dettagli, da cosa si dimette e perché sono questioni di una certa importanza, ma può tornarci sopra più avanti, con calma, l’essenziale in un tweet è trasmettere con forza un concetto o un’emozione o meglio ancora entrambe le cose, condensate in una parola-chiave, opportunamente evidenziata dal suo bravo hashtag, gli manca soltanto la parola-chiave, e poi il più sarà fatto, facile a dirsi, perché a Ferdy, che nel frattempo si è rialzato e cammina avanti e indietro lungo una linea diagonale invisibile che taglia a metà l’ufficio, vengono in mente a ripetizione, a raffica, parole-chiave che non aprono un bel niente

#vispateresasaraitu

#whiskyandsodaandrockandroll

#ordiniamolecozze

#finedelmondobumbum

#chiglipiacelariga

#aiutomarinaaiutoooooooh

#ilprofedimatecihalecorna

#ecceteracolbotto

… Per esempio, e sono gli esempi migliori, infatti più ci pensa peggio gli vengono, ‘ste parole-chiave, regrediscono insieme a lui fino a non potersi più definire parole, ma sonorità sconnesse, esclamazioni, lamenti, parodie di bestemmie, grugniti malamente traslitterati

#nnngrruuuuugnegne

Materiale completamente inservibile, insomma, a livello comunicativo, un esperto della comunicazione e non solo come Ferdy lo capisce benissimo e tale profonda e lucida comprensione altro non fa che acuire la sua disperazione, tanto più che siamo ormai a notte inoltrata, i principali notiziari italiani sono già stati trasmessi, certo, sono ancora in tempo per i notiziari d’oltreoceano, pensa Ferdy, ma devo twittare qualcosa subito, adesso, non importa se non è qualcosa di geniale, non importa se non è qualcosa di innovativo, dai, basta che sia chiaro, per esempio

#midimetto

Ma perché non ci ho pensato prima?!, esclama Ferdy precipitandosi a digitare sul suo smartphone quella formula così semplice ma in fondo così magica, magia della semplicità!, dice a se stesso Ferdy mentre sta per mandare per il mondo il suo tweet, che però

Non ci va, nel mondo

Perché non c’è il wifi

Non c’è neanche il 4G

È caduta la connessione, qualunque tipo di connessione non è più disponibile, chissà da quanto tempo e per quanto tempo e per quale motivo, nessuno spiegherà il motivo, nessuno dirà tra quanto tempo la connessione tornerà disponibile, è uno scandalo, fanno sempre così, i signori e padroni della connessione, ed è forse anche per protestare contro questo scandaloso disservizio che Ferdy ha deciso di dimettersi?, può darsi, non se lo ricorda e intanto impreca, urla complicate irriferibili bestemmie al freddo indifferente dell’ufficio

Alla settima bestemmia, per pura coincidenza, senza rapporto di causa ed effetto, improvvisamente nella stanza cala il buio

Si tratta di uno scandaloso black-out elettrico, che forse riguarda tutta la città, dato che Ferdy guardando fuori dalla finestra vede buio, soltanto buio

Buio fuori e silenzio, silenzio, se ci fosse silenzio finalmente anche dentro

Trattiene il respiro, cerca di fare silenzio nella sua testa, ma non ci riesce

Avrei dovuto dimettermi prima, pensa Ferdy, ancora prima di iniziare, lo sapevo che sarebbe andata a finire così, poi per le dimissioni è sempre troppo tardi

La mattina dopo è seduto in poltrona, dimentico di tutto, e sorseggia un caffè, o un tè, dettando qualcosa a Gaia, o a Marina, in questo o in un altro ufficio, da mezz’ora e anche più, con lo sguardo fisso sulle cosce o le caviglie o i seni della sua nuova assistente, e continua a parlare, parlare, anche se non ne può più, di cosa?, di questa situazione, di se stesso in questa situazione, ma soprattutto di se stesso in assoluto, potrei dimettermi, gli viene da pensare, ma scarta subito l’idea, non servirebbe a niente, rassegnato com’è a che mai si estingua in lui e fuori di lui la chiacchiera agonizzante del potere